La ‘Ndrangheta non si ferma o forse non si è mai fermata. Nella mattinata odierna, nel corso dell’Operaizone ”Quarto passo”, i carabinieri del Ros e dei Comandi Provinciali competenti per territorio hanno eseguito, nelle province di Perugia, Roma, Crotone, Cosenza, Arezzo, Siena, Ancona, Macerata, Viterbo, Caserta, Bologna e Varese, nonché in Germania, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e di divieto di dimora, emessi dal Gip del Tribunale di Perugia, su richiesta della locale Procura Distrettuale Antimafia, a carico di 61 indagati per associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni, usura, incendi e danneggiamenti, bancarotta fraudolenta, truffe, trasferimento fraudolento di valori, tutti aggravati dalle modalità mafiose, associazione finalizzata al narcotraffico e sfruttamento della prostituzione.
L’INDAGINE – I provvedimenti scaturiscono da un’articolata manovra investigativa, condotta dal ROS, in direzione di un’organizzazione ‘ndranghetista, collegata alla cosca Farao – Marincola della locale di Cirò, capeggiata dal pregiudicato Paletta Natalino, attiva nel capoluogo umbro dal 2008. Le indagini hanno documentato come il sodalizio, avvalendosi delle condizioni di intimidazione ed assoggettamento tipiche delle associazioni di tipo mafioso, si fosse radicato nella provincia perugina, consolidando progressivamente la propria influenza sul territorio ed infiltrando il tessuto economico, anche mediante una diffusa attività estorsiva ed usuraria nei confronti di imprenditori locali. In particolare è stato accertato come alcuni di essi siano stati costretti anche ad emettere false fatture per dissimulare gli illeciti pagamenti, nonché a cedere le proprie imprese agli indagati o a loro prestanome. In altri casi, pur rimanendo formalmente intestatari, le vittime venivano sostituite nella gestione da esponenti del gruppo criminale che, dopo aver privato l’azienda delle sue linee di credito, ne provocavano la bancarotta fraudolenta.
ATIVITÀ CRIMINALE – Il sodalizio era dedito anche alla commissione di truffe in danno di fornitori di materiali edili, che venivano rivenduti a ricettatori calabresi titolari di imprese che li reimpiegavano nella costruzioni di edifici e fabbricati, in Umbria, Toscana e Calabria. Tali materiali venivano anche utilizzati nella costruzione di immobili da parte di imprese controllate dal sodalizio. Un’altra componente del sodalizio, facente capo all”affiliato Francesco Pellegrino, era dedita alla commissione di numerosi furti di materiale edile e macchine operatrici nelle Marche, in seguito rivendute sul mercato legale o cedute a ditte calabresi di riferimento. È stato inoltre documentato l’attivo coinvolgimento della cosca in traffici di cocaina, reperita direttamente in Calabria o mediante un gruppo criminale collegato, composto da soggetti albanesi, utilizzati per la distribuzione dello stupefacente sul territorio ed in alcuni casi per danneggiamenti ed atti intimidatori connessi alle attività estorsive es usurarie. I considerevoli proventi illeciti sono stati reimpiegati per acquistare beni immobili ed attività commerciali nel settore dell’intrattenimento e del fotovoltaico, anche intestati a prestanome, allo scopo di dissimulare la reale riconducibilità dei beni alla cosca. Il patrimonio individuato nel corso delle indagini è stato colpito dai provvedimenti di sequestro preventivo, finalizzati alla successiva confisca, disposti dal Tribunale su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, che riguardano beni immobili, mobili, conti correnti e società nelle disponibilità degli indagati, per un valore complessivo di oltre 30 milioni di euro. L’indagine documenta come anche l’Umbria non sia immune alle presenze extraregionali della ‘ndrangheta, con proiezioni in grado di infiltrare il tessuto economico ed imprenditoriale, riproducendo i modelli criminali tipicamente mafiosi e mantenendo saldi collegamenti con le cosche di origine.
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