I Carabinieri della Compagnia di Tivoli hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere – emessa dal G.I.P. del Tribunale di Roma, su richiesta della D.D.A. della Procura della Repubblica – nei confronti di 10 persone nell’ambito di un’indagine per il reato di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti ed estorsioni.
L’operazione, che ha condotto agli arresti odierni, rappresenta la conclusione di un’articolata attività d’indagine svolta dai Carabinieri della Stazione di Roma Settecamini ed iniziata il 7 dicembre 2013 a seguito dell’esplosione, nel quartiere di Ponte di Nona, di quattro colpi d’arma da fuoco contro la porta dell’appartamento di uno degli odierni destinatari della misura cautelare.
LE INDAGINI – Le successive indagini hanno permesso di accertare che il grave fatto si inseriva in un contesto di contrasti legati al controllo dello spaccio di sostanze stupefacenti.
Nel gennaio 2014 venivano eseguite diverse perquisizioni domiciliari nei confronti di soggetti risultati coinvolti nell’attività di spaccio che hanno consentito ai Carabinieri di sequestrare una cassaforte, all’interno della quale oltre a stupefacente e denaro erano custoditi diversi documenti contenenti la contabilità dei proventi dell’attività di spaccio.
Il meticoloso lavoro degli investigatori ha quindi consentito di ricostruire numerosi episodi di cessione di stupefacente, compito reso ancora più difficile dal linguaggio in codice utilizzato per gestire l’attività di spaccio.
Il risultato è stato favorito, in particolare, dal ritrovamento all’interno della cassaforte di un foglio con disegnato un campo di calcio e le firme di numerosi degli indagati.
Il documento, che rappresenta la prova del patto criminale, ha orientato l’attenzione degli investigatori su alcuni termini calcistici utilizzati nel corso delle conversazioni ma spesso apparentemente privi di significato.
I termini criptici prendono spesso spunto dal gioco del calcio. “Il campo” ad esempio indica la piazza di spaccio, “i fari del campo” sono le vedette ed i “tornei” indicano i turni degli spacciatori.
Il grave quadro indiziario raccolto a carico degli indagati ha permesso di ricostruire la struttura dell’organizzazione ed identificare i ruoli ricoperti dai singoli componenti.
I personaggi al vertice della piramide erano coloro che curavano la gestione della contabilità e l’approvvigionamento dello stupefacente, predisponevano i turni degli spacciatori e delle vedette e rappresentavano il punto di contatto per gli acquirenti che venivano poi smistati tra i diversi spacciatori su strada a seconda del quantitativo e della tipologia di stupefacente che desideravano acquistare (cocaina, hashish marijuana).
Vi era poi la cosiddetta “manovalanza” composta da numerosi giovani, tutti italiani, che si occupano dello spaccio al minuto e del servizio di vedetta per segnalare l’arrivo delle forze dell’ordine.
Altro elemento emerso nel corso delle indagini e l’impiego, in cambio di lauti compensi, di persone incensurate che avevano il compito di fare la cosiddetta “retta” ossia custodire all’interno delle loro abitazioni lo stupefacente al fine di impedire che lo stesso potesse essere sequestrato nel corso di perquisizioni.
La riscossione di eventuali crediti maturati nei confronti di cattivi pagatori dello stupefacente era naturalmente esercitata con metodi estorsivi, fatti di minacce e violenze. In particolare è stato accertato un caso in cui ad una donna, madre di uno dei presunti acquirenti dello stupefacente che non era riuscito a saldare i suoi debiti, era stato imposto di lasciare la casa popolare, occupata abusivamente, in cui abitava affinché l’organizzazione potesse farla occupare da altre persone, recuperando in tal modo la somma di 20.000 Euro.
Significative al riguardo sono le visite dei potenziali subentranti nell’occupazione per lungo tempo subite dalla donna.
L’operazione odierna ha permesso di disarticolare un’associazione per delinquere, con un giro d’affari intorno ai 15.000 euro giornalieri, che era riuscita a garantirsi il controllo dello spaccio su alcune “piazze” nel quartiere di Ponte di Nona, attraverso lo sfruttamento della povertà, della disoccupazione e delle difficili condizioni di vita di numerose famiglie, molte delle quali afflitte dal dramma dei figli tossicodipendenti, che per riuscire a sopravvivere hanno tollerato ed in alcuni casi favorito l’attività illecita posta in essere dagli indagati.