Cassazione: «Le telefonate anonime sulle corna sono biasimevoli»

Ecco la sentenza emessa a Roma dopo un fatto di cronaca

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Telefonare in forma anonima, anche solo due o tre volte, per raccontare a una moglie ignara che il marito le fa le corna, è una «condotta biasimevole» indipendentemente dalla veridicità o meno dei tradimenti. E fa scattare la condanna per il reato di molestie senza concessione di attenuanti. Lo riporta l’Ansa che in un’agenzia parla di una sentenza della Cassazione. In sostanza, si spiega, che anche se le telefonate sono poche, il loro contenuto è da considerare come «assai grave». La Suprema Corte per questo motivo ha dichiarato la colpevolezza di una impiegata della Asl di Bari, Annamaria D.R., che aveva fatto tre telefonate anonime – una dall’ufficio e le altre dal suo cellulare – al telefono fisso della moglie di un collega per raccontarle che lui la tradiva a più non posso. A spingerla a vuotare il sacco – aveva spiegato l’anonima alla annichilita signora Maria Rosaria – era il fatto che proprio lei, Annamaria, era stata l’amante dell’uomo che ora la aveva scaricata per un’altra. Maria Rosaria sentendo queste notizie non aveva attaccato, ma aveva chiesto i particolari rimanendo al telefono anche mezzora.

I FATTI – Poi però aveva presentato denuncia. Senza successo, una volta smascherata, Annamaria si è difesa sostenendo che si era trattato solo di tre telefonate «prive di contenuti minatori che, del resto, non aveva alcun senso pronunciare nei confronti della moglie alla quale si rivelava che il marito la tradiva con due donne». La loro «lunga durata» dimostrava che «non erano state assillanti» e che «l’importanza delle rivelazioni aveva indotto Maria Rosaria a proseguire nella conversazione». Ma la Cassazione ha confermato il verdetto emesso dal Tribunale di Potenza nel 2013. «Il Giudice – scrivono gli ‘ermellinì – ha affrontato la questione del numero ridotto delle telefonate, esattamente sottolineando che non si tratta di un dato essenziale per l’integrazione del reato» dato che «l’idoneità lesiva delle chiamate risiedeva nel loro contenuto assai grave (rivelazione ad una moglie di ripetute relazioni extraconiugali del marito)». Per la Suprema Corte, inoltre, «con motivazione logica» il tribunale ha osservato che «la mancata interruzione delle conversazioni non poteva essere interpretato come acquiescenza, tenuto conto delle rivelazioni». «Che i motivi della condotta fossero biasimevoli – prosegue la sentenza 28493 confermando la multa di 400 euro, pena sospesa – è dato insito nello stesso contenuto delle rivelazioni: la presunta amante interveniva pesantemente sulla presunta moglie tradita nel momento in cui il marito aveva, a dir suo, intrapreso altra relazione». Pertanto è «adeguato» il ‘nò alle attenuanti anche se Annamaria (46 anni) è «incensurata». Ma il marito ha tradito? «Il dato – dicono gli ‘ermellinì – non emerge dagli atti e resta del tutto indimostrato».

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