Usura Roma: smantellata banda che terrorizzava commercianti capitolini

Al vertice dell'organizzazione ci sarebbe Vittorio Di Gangi, noto pregiudicato

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Smantellato il giro di usura che negli anni ha strozzato decine di commercianti e imprenditori romani. Il “business”, secondo gli inquirenti, sarebbe gestito da un noto pregiudicato romano, Vittorio Di Gangi che, nel corso degli anni, essendo riuscito ad accumulare smisurate ricchezze derivanti da traffico di droga, è arrivato a soggiogare, insieme alla sua famiglia, numerosi titolari di attività commerciali e imprenditoriali della capitale.

Nel corso dell’operazione, che ha visto impegnati oltre cento, tra uomini e donne, della squadra mobile di Roma, sono state sequestrate anche numerose attività commerciali che i capi dell’organizzazione avevano aperto grazie ai ricavi dell’attività di usura realizzata per anni. Tra le società sequestrate vi sono concessionarie di auto, abitazioni private, attività di ristorazione, autovetture di lusso per un valore totale di circa 40 milioni di euro.

Confiscato anche un ristorante sulla Tuscolana, ”Amici miei”, da cui prende anche il nome l’operazione condotta oggi dalle forze dell’ordine, che il criminale aveva ottenuto ”strozzando” i vecchi proprietari. Di Gangi, poi, aveva acquisito negli anni un notevole spessore criminale al punto che a lui si rivolgevano non solo per chiedere soldi, ma anche altro genere di ”favori” come, ad esempio, quello di sgomberare case popolari occupate abusivamente.

Un anno e mezzo fa, inoltre, durante le indagini sul giro di usura, gli uomini della squadra mobile, diretti da Renato Cortese, hanno arrestano sempre di Gangi per possesso d’arma. Gli investigatori, infatti, sospettavano che avesse assoldato due moldavi per commettere un omicidio.

Vorticoso il giro di affari realizzato dall’organizzazione capeggiata da Vittorio Di Gangi, che era entrata ormai nelle vite e nelle attività di molti cittadini, tra i quali ristoratori, titolari di società a conduzione familiare, impiegati pubblici, imprenditori, proprietari di negozi e di gioiellerie. Alcuni hanno avuto il coraggio di denunciare i loro strozzini liberandosi dalla spirale in cui erano caduti e nella speranza di risolvere i loro problemi economici.

L’operazione conclusa dalla squadra mobile di Roma e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia ha permesso di far luce su un enorme giro di affari che portava nelle casse dell’organizzazione anche 100.000 euro a settimana derivanti dagli interessi sui prestiti elargiti a tassi usurari. Capo indiscusso dell’intera organizzazione era appunto Vittorio Di Gangi, il quale controllava tutte le attività e i movimenti di denaro pur non comparendo mai in prima persona.

Dopo anni aveva raggiunto un tale grado di autorevolezza nel mondo criminale romano che soltanto il pronunciare il suo nome incuteva terrore nei cittadini. Ad aiutarlo in prima persona era la figlia Romina, la quale era la vera e propria ”longa manus” del padre; era colei che coordinava e dirigeva le operazioni finanziarie realizzate dagli altri appartenenti all’organizzazione tra i quali vi erano anche altri pregiudicati romani e un noto pittore della Capitale.

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