Trasferiti 108 rom sulla Tiburtina: politiche comunali allo sbando

Baraccopoli abusive, campi invivibili, insicurezza: tutte le falle del piano nomadi capitolino

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Baraccopoli abusive nascoste fra le sterpaglie, campi attrezzati disumani, mancanza di diritti e di sicurezza. È questo il quadro che si delinea quando si parla dei rom nella capitale: una situazione di emergenza continua per loro e per i romani, che certifica il fallimento del “piano nomadi” anche per l’attuale Amministrazione.

L’ultima vicenda riguarda lo spostamento di 180 rom dal campo attrezzato di via della Cesarina, zona Nomentana, in via Visso 12, in un centro di raccolta nella Tiburtina Valley, condotto dagli operatori del Dipartimento Politiche Sociali, Sussidiarietà e Salute di Roma Capitale.

L’associazione 21 Luglio, onlus che segue da sempre le vicende dei rom, lancia l’allarme sul mancato rispetto delle raccomandazioni giunte da Strasburgo, volte a favorire l’inclusione, e mette a fuoco le conseguenze per le casse capitoline: il costo procapite è stimato in 20 euro al giorno per una spesa complessiva annua di 6.350.000 euro.

Per l’Amministrazione comunale si traduce in una spesa mensile a nucleo familiare di circa 2.700 euro. Cifre che, rincara 21 Luglio, il Campidoglio spende per discriminare e segregare le comunità rom e sinte, in luoghi sovraffollati e invivibili.

L’operazione, inoltre, non lascia intravedere nessuna programmazione risolutiva del “nodo rom” nella capitale. Ecco che assume un significato il ricomparire di piccole tendopoli e baracche, nascoste fra i terreni periferici di Roma. È il caso di via del Baiardo, zona Prima Porta, dove Stefano Erbaggi e Luca Della Giovampaola, esponenti del Nuovo Centrodestra romano segnalano che sarebbero ritornati alcuni rom, a pochi mesi dalla chiusura del campo abusivo.

Le difficoltà abitative vanno a braccetto con quelle lavorative: l’ex consigliere municipale Augusto Santori (Primavera Nazionale) ha recentemente fatto un sopralluogo nella stazione Termini e individuato decine di mendicanti che fanno la questua, con bambini al seguito, e infastidiscono i passanti.

Non basta: nei campi autorizzati regna il disordine, non sono rari i casi interni di estorsione, di faide fra clan di diverse etnie e di roghi di casette. Ines, operatrice di Castel Romano, racconta a Cinque di essere ancora in attesa del censimento del Comune e la gestione dell’insediamento diventa ogni giorno più difficile. “Qui è impossibile fare progetti a lungo termine, per noi e per gli ospiti”, chiosa amareggiata.

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