San Basilio, delitto Alletto: fu un’esecuzione

Pistola alla tempia, poi il fuoco. Ecco la terribile ricostruzione (secondo gli inquirenti) dell'omicidio dell'ultras della Lazio

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Pistola alla tempia, poi il fuoco. Gli inquirenti sembrano non avere dubbi sulla dinamica dell’omicidio dell’ultras della Lazio Maurizio Alletto: non è stato un delitto accidentale, come ha sostenuto l’assassino. E neanche scaturito per legittima difesa.

L’INDAGINE – Il pm cha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio di tutti e quattro gli indagati coinvolti nel delitto. A partire dal vigilantes che ha sparato, Luciano Coppi, un quarantenne del quartiere: dal 7 luglio sarà processato in Corte di Assise con l’accusa, appunto, di omicidio volontario. Insieme a lui sul banco degli imputati il figlio Moreno, 18 anni, nonché Angelo e Lorenzo Izzo, 56 e 29 anni, pure loro padre e figlio, ma amici della vittima, accusati di rissa aggravata. Respinta per tutti la proposta del rito abbreviato. Il gip Valerio Savio, condividendo la ricostruzione del pm Alberto Pioletti, non ha creduto alle tesi del vigilantes: ossia che avrebbe sparato ad Alletto con la pistola d’ordinanza solo per legittima difesa visto che l’ultras si era avventato con un coltello sul figlio Moreno.

LA RICOSTRUZIONE – Poco prima dell’omicidio, quel pomeriggio a San Basilio, c’era stato uno scontro per strada. Luciano Coppi stava attraversando la strada col figlio quando un’auto guidata dal padre di Alletto li sfiora. Moreno Coppi risponde a parolacce, l’anziano pure, e alla fine nel quartiere circola il sospetto che qualcuno aveva preso a schiaffi il padre del capo ultras. Maurizio Alletto, subito informato, si mette a caccia dei Coppi, spalleggiato dagli Izzo, mentre Luciano Coppi, consapevole della piega che stava prendendo la vicenda, va a prendere la pistola a casa.

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