Giovani, pusher e pericolosi: chiusa centrale dello spaccio a Cinquina

Sette persone sono finite in carcere, quattro ai domiciliari: gestivano, all’interno dei viali e dei cortili delle case popolari di via Emilio Teza, un intenso traffico di sostante stupefacenti

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Questa mattina, a conclusione di una complessa attività investigativa durata circa 6 mesi, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, i Carabinieri della Compagnia Roma Cassia, supportati da quelli del Gruppo di Ostia, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 11 persone (7 in carcere e 4 agli arresti domiciliari) indagate a vario titolo di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e spaccio.

IL TRAFFICO – In manette sono finiti giovani della borgata romana di “Cinquina”, i quali gestivano, all’interno dei viali e dei cortili delle case popolari di via Emilio Teza, un intenso traffico di sostante stupefacenti stazionando stabilmente sui predetti viali e sotto i porticati delle abitazioni, dove quotidianamente si recavano consumatori per acquistare dosi di hashish e di cocaina per un giro d’affari stimato per centinaia di migliaia di euro al mese.

L’INDAGINE – L’attività d’indagine è stata supportata anche da diverse segnalazioni di residenti dei diversi complessi popolari della zona di “Cinquina”, stanchi di subire le angherie e le prepotenze dei giovani costituenti il gruppo criminale. L’analisi complessiva degli elementi raccolti attraverso le video riprese, le intercettazioni, i servizi di osservazione, le perquisizioni ed i sequestri, compiuti nel corso dell’attività d’indagine, ha consentito di acquisire utili elementi per comprendere le dinamiche del gruppo criminale e delineare così l’esistenza di una vera e propria organizzazione finalizzata allo spaccio ed al reimpiego di parte dei profitti nell’acquisto di nuove forniture di sostanza stupefacente, basata sull’assegnazione di precisi compiti a ciascuno dei compartecipi. Infatti, all’interno della struttura gerarchicamente ordinata, le indagini hanno permesso di individuare: la figura del “capo”, colui che svolgeva le funzioni di organizzazione e direzione dell’associazione; coloro i quali si dedicavano, sebbene con ruoli a volte intercambiabili, alle funzioni di “pusher” e di “vedetta”; i giovani che svolgevano esclusivamente il compito di “vedetta”; quelli che si occupavano di svolgere le funzioni di “contabili” o semplicemente di “depositari” del denaro dell’organizzazione; gli insospettabili, poiché incensurati e apparentemente onesti, che proprio in quanto tali avevano il compito di tenere la cosiddetta ”retta”, ossia occuparsi di custodire presso le loro abitazioni la sostanza stupefacente in attesa di essere quotidianamente spacciata.

IL LINGUAGGIO – Dall’attività di indagine di tipo tecnico emerge chiaramente l’utilizzo di un linguaggio criptico e collaudato, che sebbene laconico, denota un’intesa tra gli interlocutori perfettamente edotti dei motivi degli incontri di volta in volta fissati. Le dosi erano chiamate “orli” o “pallette”, il termine “retta” invece veniva usato con riferimento ai custodi dello stupefacente. Durante le fasi delle indagini i Carabinieri della Compagnia di Roma Cassia avevano già arrestato in flagranza di reato 10 persone, denunciate altre 15 in stato di libertà, segnalato alla Prefettura per uso personale di sostanze stupefacenti 22 assuntori abituali.

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