Pestato a sangue con inaudita violenza, cosparso di benzina e abbandonato nei pressi della fermata di un autobus a Ponte di Nona con un’unica minaccia: “Non fare l’infame o la prossima volta ti diamo fuoco”. L’ennesima storia di ordinaria violenza, nella Capitale, si era verificata il 15 giugno scorso. Vittima un ragazzo proprietario di un bar. Inizialmente si era pensato a motivi passionali ma scavando più a fondo è emersa ben altra realtà. E, questa mattina, i carabinieri della compagnia di Tivoli sono riusciti ad arrestare le quattro persone responsabili dell’aggressione.
IL VERO MOTIVO DELL’AGGRESSIONE – Dopo il pestaggio il giovane era stato abbandonato alla fermata dell’autobus di via Don Primo Mazzolari. Ricoverato all’ospedale di Tor Vergata, era stato sottoposto a un intervento chirurgico per ridurre la frattura patita al volto. Le modalità dell’aggressione e l’iniziale versione dei fatti fornita dalla vittima non aveva convinto gli investigatori dell’Arma che hanno quindi deciso di approfondire la vicenda. Le indagini condotte dai militari hanno permesso di scoprire che l’aggressione non era legata a motivi passionali come inizialmente si era creduto ma a motivi di vendita di droga. La vittima, che gestisce un bar nel quartiere Colle Prenestino, si era infatti rifiutata di consentire l’utilizzo del suo locale per esercitare l’attività di spaccio. I pusher del quartiere avevano quindi organizzato una “missione punitiva” per indurre il giovane a “piegarsi”.
LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI – Superato l’iniziale timore, il ragazzo si è convinto a collaborare con gli inquirenti che, attraverso approfondite indagini, sono riusciti a ricostruire l’esatta dinamica dei fatti identificando quattro soggetti coinvolti nel pestaggio, tutti romani di età compresa tra i 30 ed i 19 anni, con diversi precedenti di polizia per reati connessi allo spaccio di stupefacenti. In particolare i militari hanno scoperto che la vittima già dal mese di maggio era stata avvicinata da alcuni pregiudicati di zona che lo avevano invitato a mettere a disposizione il suo locale per agevolare l’attività di spaccio. Davanti al suo rifiuto i malviventi avevano iniziato ad avanzare richieste sempre più pressanti sfociate nel pestaggio del 15 giugno 2015, dopo che la vittima aveva minacciato di rivolgersi alle forze dell’ordine se non lo avessero lasciato in pace. A quel punto gli indagati avevano costretto la vittima a lasciare il bar incustodito, per seguirli a bordo della loro autovettura. Dopo pochi chilometri di strada, davanti all’ulteriore rifiuto della vittima di collaborare, i picchiatori sono quindi entrati in azione dando vita al violento pestaggio che si è concluso nei pressi della fermata bus di via Don Primo Mazzolari, davanti al Centro Commerciale Unico, dove il giovane è stato abbandonato dopo essere stato cosparso di benzina, con l’avviso di non fare “l’infame” altrimenti la prossima volta gli avrebbero dato fuoco. Nel frattempo uno degli arrestati che non aveva partecipato al pestaggio era invece andato presso il bar ed armato di martello aveva completamente distrutto tutte le telecamere del sistema di video sorveglianza allo scopo di cancellare le prove, senza tuttavia riuscire a trovare l’hard disk contenente le registrazioni.
LE ACCUSE – Pesanti le accuse a carico dei quattro indagati, ai quali il Pubblico Ministero, titolare dell’indagine, ha contestato i reati di tentata estorsione, minacce, lesioni aggravate e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
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