Atac, un piano che non convince

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Fra i vari guai che affliggono Alemanno e turbano i suoi sonni vi è certamente la situazione dei conti ATAC. Terminata ingloriosamente la gestione Bertucci sotto la quale è esplosa la vicenda 'parentopoli', il nuovo amministratore Basile si è messo al lavoro. Constatato il disastro, cresciuto esponenzialmente nel corso della gestione Alemanno, Basile ha presentato il suo piano industriale peraltro mai transitato per la discussione nell'aula Giulio Cesare, ma che comunque punta ad una rigorosa azione di risanamento per un'azienda che registra un deficit ben superiore a quei 122 milioni valutati dalle stime iniziali e che si avvicina ormai ai 170 milioni.

Allontanatosi, almeno per ora, il sogno di una rapida e risolutiva privatizzazione, esclusa la possibilità di mungere ancora dalle esauste casse comunali, Basile si è occupato di recuperare i crediti pregressi frai quali quei 200 milioni dovuti dalla Regione Lazio. Ed è proprio qui che si registra un'altra sorpresa perché quei 200 milioni non sarebbero dovuti, o peggio sono stati già versati al Comune di Roma e scivolati nei rivoli dispersivi di una gestione dissennata. Ora in clima di austerità, finite le vacche grasse delle assunzioni facili,non resta che il taglio delle spese, ovvero il ridimensionamento dei servizi ed i tagli al personale. Scelte inevitabili per qualsiasi azienda al limite della bancarotta,ma che per l'ATAC andrebbero ad incidere su un servizio già di per se discutibile  e su un personale costituito solo per la metà di addetti al sevizio vero e proprio (autisti, rimesse, officine ecc.). Il consigliere del PD Massimiliano Valeriani a suo tempo fece notare che nel 2009 il Consiglio votò il riassetto del trasporto, scelta condivisa anche dall’opposizione perché rispondente all' obiettivo di rendere più efficiente il sistema delle aziende, evitare gli sprechi, risparmiare decine di milioni di euro per aumentare il servizio di trasporto. Si chiusero Trambus e Metro si diede vita alla grande Atac. Ma in un solo anno si registrò una diminuzione della produzione industriale (meno servizio di trasporto alla città), un crollo nel 2010  di quasi 5 milioni di chilometri. Se a questo si aggiungono altri frutti velenosi quali gli appalti, su cui sta indagando la magistratura, i dirigenti senza esperienza e curriculum e costi manutentivi fuori controllo, è facile rendersi conto dell'aggrovigliarsi di situazioni degenerative che appaiono oggi senza sbocco.

Il piano industriale nella prima stesura prevedeva l’aumento del costo del biglietto che Alemanno si affrettò a bloccare per non eccitare l'indignazione popolare dopo 'parentopoli'. Poco tempo fa il  CdA dell’azienda ha approvato unprovvedimento che presenta al suo interno misure, qualil’assorbimento in Atac di Roma Patrimonio per far fronte al problema della scarsa patrimonializzazione dell'azienda, decisione che spetta al Consiglio. Vi è poi il ridisegno parziale della rete (che spetta all’Agenzia della mobilitàe al dipartimento). Per finire un colossale e poco credibile recupero dall’evasione tariffaria (50 milioni). Solo quando la discussione sull'azienda di trasporto pubblico approderà in consiglio comunale si potrà seriamente valutare se ATAC sarà in grado di evitare il collasso.  

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