Dopo il secco no ai test ministeriali da parte dei professori e studenti romani, sono terminati ieri i “Giorni dell'Indignazione” contro i quiz Invalsi.
Come il liceo Giordano Bruno, alla Bufalotta, sono stati molti i Consigli d’istituto a votare ordini del giorno contro le prove predisposte dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione. L’idea è quella di valutare qualitativamente gli insegnanti e retribuirli in modo differenziato. Se fu poi Fioroni a introdurli per legge, rendendoli obbligatori nell'esame di maturità, l’idea della “meritocrazia” nella scuola, fu subito fatta sua dal centrodestra. Prima con la Moratti e poi con la Gelmini si puntava a individuare una percentuale di docenti, l’eccellenza, da premiare. «L’attuale ministra non ha inteso solo valutare il sistema-scuola – dice un Rsu della Flc Cgil – ma ha creato un sistema scolastico pubblico a diverse velocità, con opportuni incentivi». Ma l’Invalsi è stata usata anche in spot comparativi, come quelli comparsi tempo fa su alcuni giornali: esempio di efficienza scolastica per attrarre famiglie e studenti.
«Se non è il Grande fratello dell’Orwell di “1984”, ci manca poco», accusano alcuni insegnanti dei Cobas, ma sono in buona compagnia con molti altri che la pensano così. «Dalle domande riportate nei questionari si può facilmente arrivare a una schedatura della famiglia d’origine, con abitudini, livelli culturali e tipologia della casa» dice un rappresentante dei genitori di un Consiglio d’istituto del IV Municipio.
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