Chi di sicurezza ferisce di sicurezza perisce. Questo il detto che potrebbe adattarsi benissimo ad un Alemanno affannato che ieri si è presentato a Rai Uno mattina, visibilmente nervoso e messo alle strette dall'intervistatore e dal prefetto Serra sul tema a lui tanto caro della sicurezza. Intenzionato ad incontrare il ministro Maroni che lo riceverà solo il 13 prossimo, ammetteva che la recrudescenza della criminalità a Roma è problema delle forze dell'ordine e non dei vigili urbani che lui in questi anni ha tentato di armare sino ai denti dedicandoli a compiti di sicurezza criminale loro non propri. C'è da chiedersi che fine poi abbiano fatto tutte le sue ordinanze, inutili 'grida' di manzoniana memoria, su lavavetri, ambulanti, commercio abusivo, occupazione di suolo pubblico, decoro urbano e quant'altro avrebbero dovuto creargli una immagine da Rudolph Giuliani de noantri.
Come non ricordare le sue visite negli States, imitato dalla Polverini, per apprendere dai modelli dell'ABI della NYPD, polizia di New York. Esilarante infine l'affermazione secondo la quale non è stato lui ad agitare lo spettro elettorale della sicurezza, ma i cittadini romani ad averne tanto bisogno. Ma allora come spiega i suoi pellegrinaggi a Tor di Quinto dopo l'omicidio della povera Reggiani, violentata e poi uccisa all'uscita di quella stazione ferroviaria. Un episodio che innescò la "corsa alla sicurezza" che ha caratterizzato la campagna elettorale di Gianni Alemanno e della destra. Come spiega le dichiarazioni del camerata Gasparri a una manciata di giorni dalle elezioni: «La Roma di Prodi, Rutelli e Veltroni è il regno del terrore e dello stupro. Bisogna rimettere ordine in Italia e nella capitale. Allontanare subito clandestini e rom» e aggiungeva «la politica voluta anche da Rutelli, vice presidente del governo dell’indulto, ha ridotto Roma a un luogo da incubo. Battere il terrore alimentato dalla sinistra è la prima emergenza democratica. Basta con la resa al crimine».
Oppure quelle di un suo ex sodale e sponsor, il camerata Rampelli, il quale uscendo dal seggio affermava: «Chiunque diventerà sindaco deve garantire ai romani che si occuperà di questa emergenza illegalità» e inoltre che «l’ennesima aggressione di una donna nelle periferie degradate di Roma è quello che i romani, purtroppo, conoscono da molto: favelas abusive sulle sponde del Tevere, pregiudicati in libertà, illegalità diffusa e senza controllo». Questo per limitarci alle dichiarazioni altrui senza citare quelle dell'allora candidato sindaco che riempirebbero una intera enciclopedia di slogan assatanati contro una sinistra imbelle e quasi complice dei criminali per la sua tolleranza. Per giungere allo strombazzato, sino alla nausea, 'patto per Roma sicura' che nulla ha aggiunto alla quotidiana e meritevole opera delle forze dell'ordine. Certo i temi della sicurezza non vanno tirati per la giacchetta dalla politica, come ha detto l'ex prefetto Serra, ma questo Alemanno lo ha fatto ad abundantiam prima, durante e dopo le lezioni comunali e con tal moneta viene oggi ripagato.
Giuliano Longo