La Manovra non piace agli enti locali

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Non è andata giù alla politica la mossa del Governo Monti sui tagli ai costi  negli enti locali che dice sostanzialmente un chiaro "no" ai tagli. La decisione di ridurre consiglieri, tagliare emolumenti e ridimensionare provincie e municipi delle grandi città annunciata domenica sera e chiarita progressivamente fino alla firma del decreto "salva Italia" da parte del presidente della Repubblica, ha innescato riflessioni e commenti, a partire dal presidente della Provincia Nicola Zingaretti che già lunedì aveva detto «Le Province sono quelle che più si sono impegnate per ridurre la spesa pubblica e lo hanno fatto in silenzio, e chi oggi le guida lo fa perché è stato votato da milioni di italiani. Quel che frena l'Italia, e che costa, sono semmai gli enti di secondo livello nominati dalla politica, spesso dalla cattiva politica, che nessuno vuol mai toccare: consorzi, autorità, università agrarie». E aveva proposto: «Vengano assorbiti nelle competenze degli organi eletti dal popolo».

Ma ieri il dibattito è proseguito e nel corso dell'assemblea dell'Unione delle Provincie è stato il presidente Castiglione a sollevare il dubbio maggiore sulla decisione del governo: quello della costituzionalità del provvedimento: «Oggi il presidente emerito della Corte Costituzionale, professor Capotosti, conferma autorevolmente la nostra posizione. Non si può intervenire con un decreto su una istituzione prevista dalla Costituzione». Castiglione ha poi annunciato che l'Upi farà ricorso alla Consulta. La protesta e la preoccupazione della classe politica romana si è rivolta anche verso i tagli dei gettoni per i consiglieri dei municipi e non sono mancati i commenti. Come quello della presidente della Regione Polverini, che ha spiegato come «La questione dei costi della politica richiede una riflessione seria e ponderata. In queste ore si sta ponendo in maniera forte il problema delle Province, che vengono drasticamente ridimensionate, con il rischio di privare i territori, a partire dalle Regioni, di enti intermedi che svolgono un ruolo importante, oltre all'aspetto non secondario di cancellare, da un giorno all'altro, cariche elettive che rispondono ad un mandato popolare. Altrettanto rilevante è la questione relativa ai Municipi, che in una città come Roma si fanno carico di impegni gravosi al servizio dei cittadini e di responsabilità enormi che non possono essere derubricate a mansioni svolte, anche dai consiglieri e dagli assessori, a puro titolo onorifico. La democrazia ha legittimamente i suoi costi, diversi dai costi della politica che sarebbe meglio cercare in altri livelli di gestione e di amministrazione del territorio».

Di segno alterno invece le opinioni del sindaco Alemanno, contrario ai "gettoni" dei municipi ma favorevole ai ridimensionamenti nelle Provincie: «Il taglio degli emolumenti agli amministratori dei municipi, dai presidenti ai consiglieri, per me è un provvedimento sbagliato» – ha detto – Rispetto alle misure prese condivido quelle sulle Province». E ha proseguito: «Questa legge non abolisce le Province ma di fatto le trasforma in un ente di secondo grado. È una riforma giusta che va applicata rapidamente senza troppe storie: io sono per l'abolizione delle province perchè devono diventare enti di secondo grado rispetto ai comuni e a costo zero». Intanto ieri L'Assemblea nazionale delle Province italiane ha chiesto al Parlamento «di stralciare le norme ordinamentali contenute nel provvedimento e di portare immediatamente in Aula le diverse proposte sull'abolizione o razionalizzazione delle Province, in modo che si apra un dibattito serio su quale deve essere il modello di riforma di Stato del nostro Paese e si faccia una scelta chiara da parte ci ciascuna forza politica».

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