L'Agenzia Capitolina sulle Tossicodipendenze è praticamente un ente dalla incerta utilità tanto che proprio ieri annunciava la cronica carenza di fondi e poche nuove iniziative di qualche rilievo.
Una Comunità in Città della Pieve; un Centro notturno a bassa soglia; un Centro diurno a bassa soglia; un Centro di consulenza e orientamento per minori, singoli, coppie e famiglie con problematiche di tossicodipendenza; due Centri diurni semiresidenziali a soglia intermedia rivolto a persone tossicodipendenti; un Centro residenziale di reinserimento; due servizi di comunicazione e prevenzione in rete; un servizio di prevenzione di comportamenti a rischio e promozione di stili di vita sani; una Comunità giovanile e due Comunità di prima accoglienza. Mentre prossimamente verranno affidati un centro notturno a bassa soglia, un centro diurno a bassa soglia e cinque servizi di prevenzione nelle scuole secondarie di secondo grado. Poco, ma qualcosa. A rendere più confusa la questione è stato invece l'assessore De Palo che anziché affrontare un problema di soldi e strutture ha fumosamente parlato di «un cambio di mentalità culturale sul tema delle dipendenze: la prevenzione è al centro delle politiche, che non rincorrono più il problema, ma cercano di svolgere una funzione educativa per impedire che la tossicodipendenza metta radici». Impostazione scontata e tanta filosofia spicciola sulla prevenzione per non cacciare soldi.
L'assessore alla Famiglia, all'Educazione e ai Giovani ci ha poi raccontato che si sta rispondendo «in modo sempre più capillare e consapevole ai fenomeni di devianza e di dipendenza, anche strisciante, che si verificano nella nostra città». Per questo l'assessore pensa (solo questo per ora) di realizzare «con l'ausilio di esperti di ambito accademico, un'analisi dimensionale del fenomeno nella città che analizzi il territorio». Che in parole semplici significa fare una ricerca. Eppure senza scomodare gli «esperti di ambito accademico» che spesso non lavorano gratis, basterebbe che De Palo si rivolgesse all'istituto Superiore di Sanità facendosi elaborare i dati colà a disposizione e magari prendesse umilmente l'esempio di qualche altra amministrazione che considera la tossicodipendenza un 'desease', un disagio psichico sul quale intervenire in termini medico-psichiatrici, sociali e di auto aiuto di gruppo e non una "devianza". Questa lasciamola a Giovanardi.
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