Ieri tutti i quotidiani romani riportavano su paginate intere la notizia del possibile dimissionamento forzato del comandante dei vigili urbani della capitale Angelo Giuliani. A quel posto ci fu messo da Veltroni il 26 novembre del 2007 dopo le dimissioni di Catanzaro, beccato con la sua vettura in sosta vietata e con il contrassegno di disabile sul cruscotto. Roba da poco di fronte all’attuale inchiesta della Procura della Repubblica sul racket dei quattro vigili per la concessione di licenze e permessi agli esercizi del centro, quelli della movida tanto per intenderci.
Brutta, anzi bruttissima storia. Giuliani però non ha intenzione di dimettersi, almeno sino a ieri, e respinge ogni sua responsabilità nella “pizzardoni connection”. Tuttavia dalle interviste che Giuliani ha concesso trapela l’ipotesi che qualcuno lo voglia far fuori a un anno dalle elezioni, si badi bene, per sostituirlo con la sua vice Donatella Scafati probabilmente più malleabile. Eppure tutta la vicenda va assumendo contorni singolari e si tinge di giallo nell’apprendere che tempo fa degli sconosciuti sono entrati negli uffici del comandante e hanno sottratto l’hard disk del computer dove sono indicati gli sponsor delle iniziative sportive della polizia municipale e la contabilità dei pagamenti. «Perché entrare in un posto – si chiede Giuliani – e rubare il dischetto della contabilità». E aggiunge: «Da allora sono cominciati i guai». Eh sì, perché in quei dischetti dovrebbero risultare anche i finanziamenti di uno sponsor d’eccezione, Bernabei e figli specializzati nella vendita di bevande alcoliche a Trastevere che un anno fa segnalarono al sindaco le malversazioni dei vigili disonesti. Troppo tempo è passato per non legittimare il sospetto che dietro a tutta l’operazione ci sia una manina che lavori alacremente in vista delle elezioni. Una manina che si è assunta il compito di controllare occhiutamente tutte le strutture del potere capitolino, mentre il consenso di Gianni va a picco. Chi meglio di Antonio Lucarelli onnipotente ed onnipresente segretario di Gianni che da quattro anni ormai controlla i gangli del potere capitolino, può gestire operazioni così delicate?
Insieme al vice capo di gabinetto Nardi, Antonio è proprio il più adatto a rimescolare le tessere del mosaico capitolino. Talmente attento, Antonio, a muovere ogni tassello del mosaico che addirittura si appresterebbe allo spostamento di tasselli minori quale quello dove sta Giuntarelli che dovrebbe lasciare la presidenza del Bioparco per far posto a un veterinario noto negli ambienti Rai. L’unico scacco che fino ad oggi il bell’Antonio ha subìto è stata la nomina del nuovo assessore alla casa e al patrimonio Lucia Funari in sostituzione di Antoniozzi, da sempre avversa all’altro direttore del dipartimento Maurizio Bianchini in storica sintonia con Lucarelli stesso. Eppure il potere crescente di Antonio non pare gradito a tutto il Pdl e soprattutto alla corrente alemanniana. Tanto che in vista del prossimo congresso pidiellino che dovrebbe ridisegnare i rapporti di forza nel partito, i fedelissimi di un Alemanno indebolito e distratto, Barbara Salmartini, Biava e Pietro Di Paoloantonio suggeriscono maggiore prudenza, rinviando il riassetto del sistema a dopo quella scadenza politica. Forse nella speranza (vana?) che i nuovi equilibri interni possano finalmente appannare o bloccare l’invadenza totalitaria di Lucarelli prima delle elezioni.
La vicenda Giuliani, con i suoi strani furti, le inchieste rivelatrici, le denunce degli amici di un tempo si inserisce perfettamente nel clima da “ultima ridotta” a difesa del sindaco. Una ridotta rinforzata dalla presenza di uomini dell’intelligence in alcuni ruoli direttivi dell’amministrazione. Questa volta non si tratta di appalti, di varianti al piano regolatore, di spartizioni varie, ma di uomini, di 6500 vigili che controllano il territorio e non prendono più ordini da un assessore, ma direttamente dal sindaco e dal suo gabinetto (appunto!). Se le cose stanno veramente così Giuliani può fare le valigie perché altrimenti Lucarelli ci perde la faccia.
Giuliano Longo