"Di fronte al risultato di Grillo a Roma, la battaglia sul sindaco si fa certamente più difficile. Non svolgo in questa sede analisi approfondite che pure andrebbero fatte. Tuttavia, nella confusione che si sta creando sul tema delle primarie del PD, vorrei ribadire alcune opinioni chiare e semplici". Scrive così Goffredo Bettini su RomaItaliaLab.
"Da tempo sollecito il gruppo dirigente di Roma per definire un quadro politico dentro il quale muoversi per scegliere con le primarie il candidato a sindaco. Ho espresso il convincimento che si stava andando ad una frammentazione delle proposte. Di persone tutte di valore. Alcune particolarmente autorevoli e di lunga esperienza come Paolo Gentiloni. Ma, nel complesso, per me non abbastanza competitive (mi scuso se ho avanzato precedentemente il termine insufficiente, che era riferito ad una categoria politica, non personale) – scrive Bettini -. Per stimolare una consapevolezza maggiore e qualche iniziativa, ho annunciato che qualora le cose fossero rimaste invariate, avrei valutato di partecipare alle primarie. Sono ancora in attesa di qualche sviluppo.
A mio avviso tanto più necessario dopo il terremoto delle elezioni politiche, qui nel Lazio fortunatamente accompagnate dalla splendida vittoria di Zingaretti. Su questa situazione, dunque, servirebbe in primo luogo un onesto e responsabile confronto tra i candidati del Pd in campo e il gruppo dirigente, per verificare senza forzature burocratiche ma con ragionamenti realistici e condivisi, se ci sono le condizioni per arrivare ad una competizione tra le personalità che effettivamente hanno maggiori probabilità di vincere. Evitando di dare l’impressione di una corsa solo interna, di posizionamento o di rafforzamento di posizioni individuali. Sottolineo impressione, perché sono convinto delle buone intenzioni di tutti.
Ma l’impressione è questa: di un fiorire di nomi e di un oscuramento delle idee e dei programmi; ed anche di un’eccessiva tranquillità rispetto all’enormità del risultato a Roma dei grillini alle politiche, con una nostra perdita secca di 13 punti in percentuale rispetto al 2008. In secondo luogo, se la situazione impone una grande sobrietà interna, impone anche il massimo dell’apertura esterna. Ho più volte parlato di un grande campo unitario dei democratici. Dalle forze più radicali a quelle più moderate. Contendibile e sorretto da procedure di democrazia diretta.
Che senso ha, dentro questo ragionamento, rifiutare a Marchini la possibilità di partecipare alle primarie? Ci serve come il pane l’allargamento a personalità esterne, diverse, in grado di parlare a settori ai quali stentavano ad arrivare. Quando emerse la candidatura di Marchini, dissi che era sicuramente un contributo importante, salvo aggiungere che sarebbe stato indispensabile una sua partecipazione ad un processo di selezione ampio e democratico. Ora che, dopo qualche mese, egli fa emergere una disponibilità in questa direzione, noi gli sbattiamo la porta in faccia? Perché? Con quali ragioni? Marchini è un democratico. È una persona perbene e capace. Ha lavorato con noi nella squadra di Rutelli. In questi ultimi mesi la sua voce contro Alemanno si è sentita, in qualche caso, perfino più della nostra. Sono sicuro che le nostre prime reazioni negative saranno rimeditate. Altrimenti davvero verrebbe da dire che Dio acceca chi vuole a tutti i costi perdere".