L’Ipa, (Istituto di Previdenza e Assistenza per i dipendenti di Roma Capitale) continua a far parlare di sè, dopo il commissariamento partito già alla fine della gestione Alemanno e nell’ambito della inchiesta avviata mesi fa per le spese e i superstipendi scoperti a fine 2012. Ora la Procura di Roma ha deciso di indagare 19 ex consiglieri di amministrazione per il reato di abuso di ufficio. Dell’Ipa abbiamo scritto nei mesi scorsi con dovizia di particolari sulla struttura societaria: un istituto fortemente legato al Comune di Roma che, nello svolgere le sue attività di assistenza, ha mostrato nel tempo diverse caratteri oggi poco sostenibili in un clima di tagli, trasparenza e impopolarità della politica. Solo per ricordare uno dei tratti salienti di questo istituto di assistenza comunale basta dire che il Presidente e il Direttore, invece di essere eletti dai dipendenti dell’Istituto, vengono nominati direttamente dal Sindaco di Roma, mentre i ruoli dirigenziali, di consulenza ed altro tipo vengono assegnati a vita per persone che dovrebbero essere, invece, a tempo determinato.
Le indagini in corso alla Procura di Roma si concentrano sul periodo che va dal 2007 al 2011 e fanno luce sulla gestione dei depositi degli iscritti (un bacino di circa 35mila dipendenti comunali che si sono affidati all’istituto per pensioni integrative e altre forme di assistenza) e sugli stipendi d’oro del gruppo dirigente. Si parla di ammanchi e assunzioni sospette oltre agli stipendi d’oro: in particolare secondo gli inquirenti il consiglio di Amministrazione dell’Istituto, dal 2007 al 2011, si sarebbe aumentato lo stipendio complessivo passando dai 457.097,30 euro a 746.220,30.
Insomma all’Ipa sembra che la spending review e i tagli non siano mai arrivati. Ad aggravare questa già seria situazione ci sarebbero membri del consiglio di amministrazione senza un curriculum adeguato, configurando dunque anche un possibile danno erariale all’Istituto. In mezzo a queste storie si insinuano anche quelle di parenti e amici sui cui sta indagando il pm Francesco Dall’Olio. Mentre i diretti interessati, i consiglieri di allora, si difendono liquidando le accuse con la spiegazione che l’Ipa non sarebbe un ente di diritto pubblico ma un istituto di diritto privato (su questo canovaccio si baserà la difesa), le polemiche toccano anche la più recente gestione, che ha presentato al Comune uno schema di statuto dove verrebbe ribadita la natura privatistica dell’Ipa. L’ennesimo tentativo di lasciare le mani libere a chi gestirà questo istituto che ha come bacino d’utenza il foltissimo gruppo dei dipendenti del Comune di Roma. In questo caso però l’ultima parola sarà quella del sindaco Ignazio Marino.
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