L’assessore ai Trasporti Guido Improta è uno che parla chiaro, così l’altro ieri in un’intervista sul Corrierone spara a zero sulla collega al Bilancio Daniela Morgante invitandola a scegliere una volta per tutte fra il suo incarico di magistrato alla Corte dei Conti e la delega al Bilancio. Richiesta che a ben vedere dovrebbe rivolgere anche al capo di gabinetto Fucito, uomo del Sindaco, ma ancora in aspettativa nei ruoli del Senato.
Ma questa mattina, sempre il Corriere, intigna sulla vicenda scrivendo a chiare lettere di un scontro fra Improta e la Morgante che si concluderà solo con la vittoria di uno dei due. Apparentemente una lotta sulla vision del futuro di Roma laddove la Morgante rappresenta diritto, rigore e trasparenza e l’altro una concezione più dinamica e meno fiscale del bilancio capitolino.
Se le cose stessero così sarebbe il meno perché Ignazio Marino, ancora silente per le conseguenze del jet lag al ritorno dagli States, potrebbe non cambiare la sua squadra come ha intenzione di fare. Ma a scorrere bene l’intervista dell’assessore si nota che il nodo del confronto fra i due sarebbe ben altro. Infatti Improta nell’intervista dà lezioni a destra e manca (da Marino a Zingaretti), ma soprattutto chiede al presidente della Regione di sborsare subito almeno la metà dei 575 milioni per il trasporto pubblico. S
ennò lui si fa dare quei soldi, tutti maledetti e subito, direttamente dal Governo come previsto dai decreti per Roma Capitale. Se poi la Regione non ce la fa è ora che Zingaretti venda Cotral. Il privato ce l’ha lui e si chiama Bus Italia. Poi se proprio è in difficoltà può sempre rinegoziare il contratto di servizio con le Ferrovie. Magari intercede lui con Moretti. Un pressing che probabilmente nasconde il timore di un possibile default di Atac, l’azienda capitolina esposta con oltre 800 milioni di debiti e con una perdita annua costante di molte decine. Preso atto dall’assessore che Atac così disastrata non se la accatta proprio nessuno, la possibilità tecnica del fallimento à già alle porte.
Non si sente più parlare del piano industriale di risanamento, dopo il rinnovo dei vertici della società, non gradito a parte del Pd e ai sindacati. Tantomeno della ventilata fusione fra Atac e Atac Patrimonio giusto per raddrizzare i conti con gli immobili. Una mossa puramente finanziaria che non risana un bel niente e vede l’opposizione della Morgante. Infine, last but not least, tappato il buco della metro C si apre un’altra voragine per la B1 dove il consorzio guidato dalla Salini rivendica 35 milioni subito, per stato avanzamento lavori, con la possibilità che apra un contenzioso per ben 190. In un contesto da tragedia non sorprende che l’assessore ai Trasporti metta le mani avanti accusando la Regione di inadempienza e la Morgante di eccessivo rigore. Sorge a questo punto un quesito: Atac si può salvare, continuando a pompare soldi pubblici che non ci sono, o deve essere sottoposta ad una feroce cura dimagrante? Con buona pace di sindacati, partiti ed autisti in rivolta che nemmeno si accorgono di danzare sull’orlo del baratro.
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