La caduta del “supremo” Cerroni e dei suoi sodali ha percorso di sdegnati clamori tutta la stampa romana, anche di quella che sino a poco tempo fa ne tesseva le lodi. Purtroppo la vicenda del re dei rifiuti si intreccia con l’evidente crisi dell’Ama che solo ieri, dopo sette mesi, ha rinnovato i propri vertici con l’emiliano Strozzi. Si apre così un fronte di crisi dalle conseguenze imprevedibili perché se la differenziata stenta a decollare anche nei municipi dove è già stata adottata, la Colari di Cerroni tratta ancora un terzo della spazzatura romana che la società stessa provvede a trasferire al Nord.
Se ne deduce che l’arresto dei vertici della società privata potrebbe determinare, se usato anche strumentalmente, la crisi del sistema dello smaltimento rifiuti della Capitale perché delle 4.500 tonnellate giornaliere dei rifiuti romani solo 1.500 vanno alla differenziata, mentre le altre 3000 finiscono negli impianti di trattamento meccanico biologico che sono sia di Ama che della Colari. Bastano due righe di conto per capire che dopo la chiusura di Malagrotta Roma paga ancora pegno a Cerroni. Infatti 1.500 tonnellate al giorno di monnezza vengono trattate nei Tmb dell’avvocato che concorre ad esportare il prodotto trattato ai bruciatori del Nord. Toccherebbe che gli impianti, tutti gli impianti, privati e pubblici, funzionassero a pieno regime come faceva notare ieri il consigliere radicale Riccardo Magi.
Infatti secondo un suo calcolo gli impianti di trattamento meccanico biologico di proprietà pubblica (Via Salaria e Rocca Cencia) e di proprietà privata (Malagrotta 1 e Malagrotta 2) hanno trattato in totale 420.000 tonnellate ciascuno in un anno, ma hanno lavorato solo 280 giorni su 365. Se lavorassero tutti giorni la situazione potrebbe cambiare. Un impegno che può venir richiesto al neo Ad Strozzi dell’Ama, ma ben difficilmente a Cerroni ai domiciliari e sicuramente furibondo. Con l’ovvia conseguenza si può pure arrestare Cerroni ma il sistema di smaltimento resta pressoché intatto.
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