Atac, Ignazio Marino vuole i trasporti di Roma come a Londra

Le idee del sindaco e dell'assessore Improta sui controlli contro l'evasione sembrano difficili da applicare a tutta la città

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Scampato il rischio devastante dello sciopero dei trasporti capitolini grazie all’accordo raggiunto con Cgil, Cisl e Uil (al quale non hanno aderito le Usb), Ignazio Marino tira un sospiro di sollievo e dai microfoni di Radio Radio ci illustra le sue prossime intenzioni per il Tpl. Sue e ovviamente dell’assessore Guido Improta definito “ottimo”, ma tutte ispirate a modelli del Nord Europa che poco corrispondono all’utenza delle nostre caotiche periferie. In cima ai pensieri suoi e “dell’ottimo” sta l’evasione tariffaria più volte denunciata. «Far funzionare bus, metro e tram a Roma costa 500 milioni di euro all’anno, vale a dire circa 1,5 milioni al giorno» ha esordito il sindaco.

Per questo non è tollerabile un’evasione di circa 80 milioni anno. Che fare allora? In primis rendere obbligatorio l’ accesso su bus e tram solo dalla porta anteriore, come avviene ad esempio a Londra dove peraltro l’autista fa anche da bigliettaio. Ovviamente il controllo sarà affidato agli autisti con l’inesorabile rallentamento delle corse che può andar bene entro i limiti del primo municipio (dal quale il sindaco esce raramente) ma potrebbe creare guai seri agli utenti negli snodi affollati delle periferie, dove peraltro la certezza del mezzo è pura chimera. Ma visto il bon ton raggiunto con la “trimurti sindacale” non è escluso che i nostri scontrosi conducenti si carichino quest’onere, sempre che la Quintavalle e i suoi turbolenti adepti lo consentano. Eccellente anche l’idea di acquistare il titolo di viaggio tramite card o via smartphone. Se non fosse che in quest’ultimo caso, il cellulare dovrebbe essere sbattuto ogni volta sotto il naso del conducente o del guardiano del gabbiotto metro.

Eppure il sindaco ha ragione quando si appella al civismo degli utenti: «Chi salta il tornello dovrebbe essere fermato non dai controllori ma dagli stessi cittadini, perché è a loro che sta rubando non al sindaco.» A parte il rischio di prendersi qualche mazzata da soggetti poco raccomandabili c’è la comprovata indifferenza del personale (arroccato nelle vitree cabine) non solo alla richiesta di informazioni da parte degli utenti (come ha potuto appurare lo stesso amministratore delegato Broggi durante una sua ispezione in incognito) ma anche alle scandalizzate segnalazioni dei pochi “infami” nei confronti degli astuti portoghesi. I quali generalmente non saltano atleticamente i tornelli metro, ma si limitano ad infilarvisi al seguito dell’utente che ha già vidimato biglietto o  tessera.

Eppure (fatta salva l’idea dei tornelli all’uscita che presenterebbero lo stesso problema) l’azione più efficace di contrasto rimane quella dei controllori che a Milano si piazzano all’uscita delle stazioni metro e balzano come cavallette sui mezzi di superficie da tutte le porte disponibili. Una soluzione per la quale non dovrebbero mancare gli addetti fra gli oltre 12.000 dipendenti Atac. Salvo poi verificare l’effettivo pagamento delle ammende, ma con la nostra intima e perversa soddisfazione nel vedere il portoghese (spesso abituale), finalmente sbattuto giù dal mezzo o impedito nell’accesso  alla metro.

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