Atac, evitato il default potrebbe essere (in parte) liberalizzata

Il Campidoglio dovrebbe occuparsi dei conti delle municipalizzate senza aspettare "l'aiuto" di Governo o Regione

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E’ ormai assodato che su Atac e Ama si giocheranno in buona parte le sorti del bilancio preventivo 2014 che il Campidoglio approverà (almeno si spera) nei primi mesi dell’anno successivo. Ma fra i due malati quello ormai vicino allo stato comatoso è proprio Atac che quest’anno presenterà una perdita di circa 160 milioni. Alcuni giorni fa l’amministratore delegato Danilo Broggi ha spiegato chiaramente che lo stato dell’arte finanziario dell’azienda di trasporto è disastroso e ai limiti del default se il deficit non verrà coperto. «La gestione caratteristica di Atac è in equilibrio», costi e ricavi si equivarrebbero, ha detto Broggi, ma il guaio è «l’enorme importo di crediti che l’azienda non riesce ad incassare», situazione che genera «una vera e propria crisi finanziaria».

CREDITI DA REGIONE  E COMUNE – «Il Comune – ha aggiunto – ci deve 570 milioni e la Regione Lazio altri 630», totale 1,2 miliardi. Una situazione che pesa sui pagamenti ai fornitori che vantano crediti per 480 milioni. Nel 2013 i 160 milioni di perdita Atac sono stati superiori a quelle del 2012. Come conseguenza il patrimonio netto della municipalizzata scenderà da 408 milioni a circa 240, mentre nel 2012 era diminuito da 563 a 408 milioni. E’ pur vero che l’AD si è dato da fare per rinegoziare il debito di 280 milioni con le banche abbassando il peso degli interessi, ma secondo Broggi il nodo resta il debito accumulato dalla Regione nel corso degli anni. Di questo oltre 410 milioni sono rappresentati dal mancato riconoscimento degli oneri derivanti dai rinnovi dei contratti del tpl. «Noi rinnoviamo i contratti e la Regione non ci riconosce la quota parte di sua spettanza».

SPESE PAZZE – Tutto vero, per carità, ma è anche vero che in Atac negli anni si è scialato parecchio per non dire peggio. Assunzioni a go-go, non ultime le centinaia prodigate da Alemanno; biglietti falsi per milioni il cui ammontare non è stato ancora ben definito; stipendi da satrapi ai dirigenti; esternalizzazioni e appalti discutibili e tanto altro ancora che sul baratro finanziario di questa azienda avranno pur pesato qualcosina. Certo non per colpa di Marino, Improta e Broggi, ma sicuramente a causa di quel consociativismo politico che ha determinato scelte aziendali e finanziarie dissennate. Tanto paga Pantalone. Sia come sia, per superare il gap della Regione che questi soldi non ha, già alcuni mesi fa l’assessore Improta suggerì di ottenere direttamente dallo Stato i fondi destinati al trasporto locale di Roma, senza pensare, come ha detto ieri al Nazareno (vedi link), di suscitare un vespaio inter-istituzionale fra Comune e Regione che deve anche fare i conti con i suoi di problemi per i trasporti del Lazio.

POSSIBILI LIBERALIZZAZIONI – Ma Improta ieri ha aggiunto (ed è questa la vera novità) di non escludere liberalizzazioni parziali a condizione che la situazione di Atac venga finanziariamente risanata. Ipotesi che potrebbe valere anche per la vendita di quote di altre municipalizzate il cui ricavato potrebbero confluire in quel piano di rientro dal debito complessivo del Comune che dovrà essere presentato al Governo entro pochi mesi. Da qualche parte si ventila l’ipotesi di “un concordato di continuità” che consentirebbe ad Atac di proseguire nella normale gestione del sevizio lasciando ad un “assuntore” il compito di rinegoziare il debito complessivo della società e di escutere gradualmente i crediti. Nel frattempo sia Improta che Broggi annunciano un piano di risanamento aziendale che prevede la riconversione del personale amministrativo, che oggi rappresenta il 70% degli addetti, destinandolo ai servizi di controllo per abbattere  l’evasione. Mentre l’altra partita si giocherebbe sulla riorganizzazione del servizio e il conseguente abbattimento dei costi. Altrimenti la polveriera potrebbe esplodere mettendo a rischio il servizio stesso o svendendolo, anche parzialmente, a prezzi di saldo. Attendere che Governo e Regione tolgano le castagne dal fuoco con un generoso intervento finanziario potrebbe creare pericolose illusioni.

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