A quanto pare è iniziata la campagna di rilancio mediatico per Ignazio Marino con un forum pubblicato da Repubblica cui hanno collaborato ben quattro giornalisti ed un’intervista al Tempo. Vi si parla di tutto, dalle nuove linee tranviarie soprattutto in centro, al completamento della Nuvola per il 2016 quando 16mila medici dovrebbero confluire a Roma per un convegno medico, alla meticolosa elencazione dei lavori (palo per palo) per il ripristino della tangenziale ormai imminente, alla ristrutturazione delle partecipate. Con accenti di malcelato orgoglio sulla chiusura di Malagrotta (merito esclusivo di Ignazio) e sulla “trasparenza” nella sua opera che dopo l’opaca gestione di Alemanno era quasi obbligata. Grandi assenti le periferie che forse (ed è la novità) non verranno nemmeno più servite dal prolungamento della metro B a Casal Monastero.
UN ANNO, UN MUNICIPIO – L’impressione, dopo un anno di governo trasparente, è quella di un sindaco più presidente del primo municipio che non di questa proteiforme metropoli. La sua cultura pare non superare i limiti dell’archeologia classica (reminiscenze del liceo?) o del patrimonio storico della Roma rinascimentale e barocca, dai Fori al Tridente. Stop. Non è un caso che Repubblica oggi, nello stesso giorno dell’intervista al sindaco, dedichi una intera pagina al decadimento culturale della Capitale, tale da meritare una lettera a Marino del presidente dei senatori Pd Luigi Zanda. «L’inchiesta – scrive il senatore- così puntuale e così seria nelle sue conclusioni di Francesco Merlo, mette in primo piano il problema dell’anima di Roma, della crisi della sua identità culturale e della sua forma urbis, del degrado del suo profilo internazionale, dell’assenza di una prospettiva, di un’ idea sul futuro di Roma».
MANCANO I GRANDI CANTIERI – Ma nello skyline della Città Eterna non si vedono nemmeno le gru dei cantieri, non si ode il fragore delle macchine per le grandi opere di manutenzione e ripristino e nemmeno si intravede la nuova architettura che dà lustro a Londra, Parigi, Barcellona, Stoccolma ecc.. Così le due interviste finiscono per essere disarmanti sul futuro di questa città dove la cultura per almeno 10 anni ne rappresentò il motore economico. Nei ragionamenti di Marino non si intravede una idea di sviluppo urbanistico, di edilizia popolare o convenzionata diffusa, non ci sono accenni all’innovazione, alle autostrade informatiche, alle start up tecnologiche, nemmeno al ruolo economico dell’associazionismo cattolico o laico che sia. Questa amministrazione, come lo fu con quella di Alemanno, campa ancora su progetti da completare che risalgono a 10 o 15 anni fa; dalla riqualificazione dei mercati dell’Ostiense, al completamento della linea C e ancora la “Nuvola”, unica novità la rigenerazione delle caserme di Guido Reni di là da venire.
MANCANO I FONDI – Marino è schiacciato dai problemi finanziari ed in attesa di ossigeno da parte del governo: aspettative che vanno ben oltre i 109 milioni per gli extra costi della capitale o dei 300 milioni per il trasporto locale. Una metropoli eternamente assistita. Non è nemmeno del tutto vero, come afferma, che «la giunta precedente aveva avuto la possibilità di cancellare un debito storico di 22 miliardi e di avere 500 milioni all’anno per tre anni». Infatti il debito storico commissariato che al 26 luglio 2010 era di 10.064 milioni e i romani lo stanno pagando a suon di 200 milioni anno con l’aumento dello 0,4% dell’addizionale comunale IRPEF oggi allo 0,9%, fra le più alte d’Italia. Un dettaglio se volete, una esagerazione che al di là dei proclami su presunte rivoluzioni e svolte epocali ci conferma che questa amministrazione è finanziariamente inchiodata, anzi avvitata sui numeri e sui costi della gestione corrente.
IN MENTE SOLO IL PATRIMONIO STORICO – Non a caso gli investimenti dall’estero che Marino va chiedendo a emiri e magnati sono tutti per il restauro del patrimonio storico-archeologico mentre quel motore economico della Capitale che fu Cinecittà si va ad esempio spegnendo. Per lui Roma finisce con le mura Aureliane o poco oltre, fra quartieri che si possono raggiungere in bicicletta. Ma oltre quelle mura c’è una città che Marino non vede: quella dei distretti industriali e tecnologici dell’Aniene o di Acilia, la Roma della ricerca e del languente polo Tiburtino, dei centri di eccellenza, delle università sino al campus di Tor Vergata e tanto altro ancora. Oltre quelle antiche e qualche volta cedevoli mura, c’è ancora la Roma delle imprese e della conoscenza sulla quale giocò tutta la propria credibilità la sinistra di Petroselli, Rutelli e Veltroni.
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