Il piano di rientro triennale voluto dal Governo in cambio dell’ultimo decreto Salva Roma è approdato oggi in seduta straordinaria all’aula Giulio Cesare dove i consiglieri stanno sostanzialmente ad ascoltare quanto è già stato deciso e diffuso pubblicamente senza possibilità di voto. D’altra parte il sindaco Ignazio Marino è stato molto chiaro: «Il disequilibrio strutturale di parte corrente di Roma Capitale ammonta a 550 milioni euro. Il Comune vuole impegnarsi ad assorbire nel triennio 2014-16 un importo pari a 440 milioni di euro attraverso un risparmio strutturale di spesa e una riduzione consistente del numero delle società partecipate. I restanti 110 milioni vorremmo porli a carico del Governo nazionale quale contributo per il riconoscimento dei costi extra di parte corrente sostenuti dal Comune».
LE GARANZIE DEL SINDACO AL GOVERNO – Per garantire che il piano non naufraghi nelle pie intenzioni del riequilibrio dei conti Marino ha promesso che verranno predisposti «strumenti che garantiscano la piena efficacia di un controllo analogo nel perseguire gli obiettivi generali di contenimento della spesa per le società che invece rimangono in essere» che sono poi la fonte di gran parte del dissesto capitolino. La novità, invece, sta nel fatto che mercoledì il piano verrà sottoposto al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti se non altro per chiedergli a brutto muso i 240 milioni l’anno (100 dei quali già erogati in questi giorni) per il trasporto pubblico di Roma a cui dovrebbe corrispondere un piano per rendere più efficiente e produttiva Atac del quale si parla da un anno. Marino ha confermato l’immediata chiusura di una partecipata nella quale «l’ad guadagna più del sindaco» mentre ha ribadito l’incorporazione di Roma Metropolitane in Risorse per Roma e l’eliminazione delle partecipazioni di Ama e Atac in altre società. Fra gli impegni del sindaco quello di chiudere entro 4 anni i 200.000 condoni pendenti.
MARCHINI E LE OPPOSIZIONI – Fra le voci della opposizione si è fatta sentire quella di Alfio Marchini che giudica «questo più che un piano di rientro un piano di liquidazione» o come «l’analisi puntuale di un medico che sta liquidando un ospedale senza una strategia di sviluppo ma solo posti di lavoro che verranno bruciati e una parola su come ridurre la pressione fiscale». Poi facendo i conti in tasca al Comune ha rilevato il silenzio sui 2 miliardi di residui di spesa per impegni pregressi addirittura risalenti al 1956 che rendono il documento presentato al Governo «parziale». Il grillino Marcello De Vito si è detto invece molto scettico sulla eliminazione degli sprechi e ha annunciato che, con la lista Marchini, farà opposizione al bilancio 2014 di prossima discussione in Consiglio. Mentre Alemanno accusa il sindaco «di non avere una visione della città» (sic!).
CONSENSO DALLA MAGGIORANZA – Dalla maggioranza invece ampio consenso per un piano che secondo il capogruppo del Pd Francesco D’Ausilio è condivisibile nei suoi indirizzi generali perché è «l’unico presupposto per ristrutturare i meccanismi di spesa della macchina capitolina». Singolare invece la proposta del capogruppo di Sel Gianluca Peciola che chiede «un piano di rientro ”parallelo” per comprendere le proiezioni sul piano occupazionale e sulla qualità dei servizi, per capire quali siano gli effetti diretti sulla città» che forse più che un piano è l’analisi delle sue conseguenze. Adempiute la formalità della discussione la danza vera inizia fra pochi giorni con il Governo e i tecnici del ministero dell’Economia che probabilmente vorranno leggere qualcosina di più delle 14 pagine sinora presentate dal sindaco dopo i 3 mesi di lavoro dalla sua Cabina di Regia.
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