Tutto cominciò dalla Cabina di Regia che il sindaco Ignazio Marino istituì per predisporre quel documento di 140 pagine che porterà la Capitale a un taglio di 440 milioni di costi strutturali in 3 anni. Il documento, ancora al vaglio dei tecnici del ministero dell’Economia, pare abbia convinto il Governo. Oddio, convinto non proprio del tutto perché i tecnici vorrebbero capire quanto ci vorrà a smobilizzare il patrimonio immobiliare del Comune.
IL POTENTE ASSESSORE – Ma, niente paura, c’è lei, Silvia Scozzese: l’assessore al bilancio cui presto andranno le deleghe per il patrimonio e per le municipalizzate, come Cinque Quotidiano aveva anticipato il 9 luglio. Deleghe pesanti per la concentrazione di un potere quasi commissariale. Ignazio se la tenne in cabina (di regia) per qualche mese poi la accolse come la manna dal cielo. Se non proprio dal cielo sicuramente dall’Anci. La potente lobby dei comuni italiani della quale prima di Fassino fu presidente Graziano Del Rio da Reggio Emilia, braccio destro di Renzi.
DALLA CABINA AL DIRETTORIO – Un’operazione di fino (quella del nuovo assessore) pilotata anche da altri due personaggi di grande rilievo. Il primo, l’abruzzese sottosegretario all’economia Giovanni Legninini, l’altro il segretario regionale del Pd on. Fabio Melilli da Poggio Moiano che all’Anci ha lavorato. Certo, Legnini stava alle costole del sindaco sin dal primo dei tre “Salva Roma” e Melilli era impegnato in primarie per la segreteria regionale con il sostegno di parte del Pd (renziani esclusi) e l’endorsement del governatore Nicola Zingaretti. Dopo tre mesi dalla sua elezione riuscì a fare una segreteria affollata come il politburo sovietico includendo i renziani ma escludendo gli uomini di Marroni e Gasbarra che a settembre potrebbero fargliela pagare. Eppure, lui segretario regionale, non ha mai smesso di frequentare la cabina di regia romana continuando a somministrare pillole di saggezza e preziosi consigli a Ignazio Marino. Dalla “cabina” al direttorio il passo è breve. Un melting pot di renziani, vecchie volpi della politica, tecnocrati e fedelissimi di Ignazio che lo curano a vista. Silvia Scozzese, Legnini, Melilli con i fidatissimi di Marino (dall’assessora Cattoi al segretario Tricarico), l’assessore Improta e il capo di gabinetto Fucito.
PD ROMANO A PEZZI – In tutto questo riassestamento di poteri (questi davvero forti) il Pd romano ne esce a pezzi. Altro che rimpasto, quello Marino se l’è fatto da solo dopo le dimissioni dell’assessore Daniela Morgante. Al limite farà qualche ritocchino dimissionando dal sociale Rita Cutini e, magari, in futuro, anche quello all’urbanistica Caudo, se l’ostilità dei costruttori non venisse placata.
IL GRANDE OSTACOLO ALL’ELEZIONE DI ZINGARETTI – La squadra di governo (il direttorio appunto) è ormai pronta a pompare soldi pubblici con gli extra costi della Capitale, l’allentamento del patto di stabilità e l’aumento dei fondi per il trasporto romano. Ma, mentre Ignazio conta sugli uomini che Renzi gli ha messo da torno, il governatore Zingaretti fonda ancora il suo potere su quel Pd e quegli alleati che l’hanno fatto eleggere prima che Matteo si prendesse tutto il piatto: partito e governo. Forse è questo pedigree che impedirà al governatore di assurgere alla presidenza della Conferenza Stato Regioni dopo le dimissioni di Errani.
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