Comune di Roma, rientra emergenza rifiuti: Marino ispeziona cassonetti

Conferenza stampa in Campidoglio con l'assessore all'ambiente Estella Marino e l'Ad di Ama Fortini

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Emergenza rifiuti superata? Secondo il sindaco corroborato dai numeri snocciolati dall’assessore Estella Marino e dal presidente dell’Ama Daniele Fortini, parrebbe proprio di si. Anche se il sindaco nei suoi blitz mattutini al Tuscolano, San Giovanni e dintorni ha trovato qualche cassonetto non in ordine e ha verificato che con lo spazzamento delle strade non ci siamo proprio. Apprezzamenti anche verso il personale che si è prodigato nel controllo di 12.800 cassonetti sui 19.000 collocati per strada e con l’azienda che ha ridotto l’assenteismo per permessi vari dal 19 al 15% impiegando nel lavoro 200 operai in più. Entusiasmo della Marino per il prossimo raggiungimento del 50% della differenziata che determinerà, con termine ormai abusato, una svolta ‘epocale’ per Roma.

LE SITUAZIONI ANCORA CRITICHE – Qualche problemino c’è ancora negli impianti di trattamento dei rifiuti, ma qui subentra il contributo del nuovo tritovagliatore mobile affittato che dovrebbe smaltire 200 tonnellate di monnezza indifferenziata al giorno. Successo anche per la raccolta gratuita degli ingombranti a casa che è passata dai 2000 interventi dello scorso anno ai 6000 attuali. Certo qualche romano butta ancora il materasso nel cassonetto della indifferenziata bloccando per un pò il ciclo del trattamento, ma per questa volta non ha voluto infierire sull’educazione civica dei sui concittadini che pure esiste. Mentre Ama gode del vantaggio di avere quasi il 20% di raccolta in meno in questo periodo di vacanze, le strategie vengono rinviate al prossimo piano industriale che verrà presentato in agosto. Qui si scriverà del distretto ecologico a Rocca Cencia, mentre quello di Ponte Malnome è ancora incerto con tempi di costruzione difficilmente inferiori ai due anni.

RIFIUTI BRUCIATI AL NORD – E poi? Poi i rifiuti trattati una volta avviati al riciclo delle società specializzate per carta, alluminio, vetro ecc. continueranno ad essere bruciati al Nord con un aggravio per le nostre tasche e la gioia delle aziende che trasformano il rifiuto in energia. Perché, hanno ribadito l’assessore e Fortini, di termovalorizzatori a Roma manco a parlarne, mentre ovviamente vanno benissimo dove stanno a Colleferro e san Vittore. In verità il piano industriale Ama non potrà parlare di sinergie con l’Acea che è comunque azienda quotata in borsa che determina le sue scelte su criteri di convenienza, in compenso ne parla Ignazio Marino che insisterà su questa linea.

LA PARTE ECONOMICA DEL PROBLEMA – Infine il capitolo dei debiti con Cerroni. Ufficialamente sono 60 milioni dei quali 30 verranno liquidati a breve per non far ‘soffrire’ i fornitori dell’avvocato, , ma Fortini glissa sui 100 frutto di un ‘iniquo’ arbitrato che risale ai tempi di Veltroni. Iniquo sinché si vuole, ma al lodo hanno fatto seguito altri due livelli di giudizio, prima al Tar e poi in Corte d’Appello, che hanno condannato Ama al pagamento. Ieri Fortini ha fatto sapere di essersi recato in Procura con il sindaco per esporre il convincimento “che quel lodo arbitrale fosse iniquo ed avrebbe causato un grave e ingiusto danno alla città di Roma.” Ovviamente il lodo arbitrale potrebbe anche essere iniquo, ma ci auguriamo che la stessa gravissima accusa non si estenda al Tar e alla Corte di Appello che pure hanno condannato Ama. Poi afferma che  “il danno che ne verrebbe ad Ama, per quanto secondo me ingiusto, trova puntuale riscontro nei bilanci aziendali sin dall’anno 2006. Bilanci validati, ogni anno, dai diversi Cda, dai collegi sindacali… ecc. ecc.” Resta comunque il dubbio che “il danno” possa  ricadere sul Comune che in tempi non sopenti se ne fece carico (in caso di chiusura di Malagrotta) con una lettera dell’allora assessore Causi. Ovviamente il ricorso alle vie penali contro il lodo, adombrato dal presidente di Ama, è sempre possibile, ma in attesa di sentenza definitiva quei soldi per Cerroni qualcuno dovrà pur tirarli fuori. Allora c’è davvero il rischio che il Comune debba metter mano ai nostri portafogli.

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