L’IPA, Istituto di Previdenza e Assistenza per i dipendenti di Roma Capitale, è una struttura dell’Amministrazione capitolina atipica costituita sotto il fascismo nel 1940 per svolgere attività assistenziali, attuare provvidenze economiche e trattare concessioni di prestiti a tutti gli iscritti. Di fatto è divenuta un carrozzone da 34 mila iscritti che oltre a rappresentare un serbatoio di voti macina nomine e consulenze. I vertici dell’IPA sono rappresentati da un Consiglio di Amministrazione, eletto dagli iscritti, da un Presidente dell’Istituto e un direttore, nominati direttamente dal Sindaco, che svolge una funzione di controllo e vigilanza sull’ente.
IL BANDO SHOCK – Succede così che vigilando vigilando Ignazio Marino pochi giorni fa si accorge di un bando di gara da cinque milioni di euro per dotare l’ente di un nuovo sistema informatico zeppo di irregolarità: prezzo d’asta esagerato; stazione appaltante chiusa ad agosto per ferie e solo 45 giorni di tempo, in periodo di vacanze, per presentare le domande delle imprese interessate. Rapida retromarcia del consiglio di amministrazione, convocato in seduta straordinaria venerdì, che deciderà di revocare il bando.
LE PERDITE – Ma non finisce qui perché qualcuno deve aver sussurrato all’orecchio di Ignazio che l’IPA non è certo un modello di trasparenza ecco allora spuntare un documento della società di consulenza aziendale Ernest&Young da quale risulta che «dal 2000 a oggi sono stimate perdite in tìtoli per oltre 21 milioni di euro», mentre vengono sollevati dubbi anche sulle modalità di concessione dei prestiti agli iscritti. Va infine ricordato che sono in corso accertamenti e indagini della Corte dei Conti nei confronti di 6 consiglieri su un totale di 13; 2 consiglieri indagati sono ancora membri del comitato esecutivo e altri 3 indagati hanno ricoperto l’incarico di consiglieri del comitato esecutivo fino allo scorso 25 marzo.
Marino vorrebbe quindi tagliare un po’ di teste ai vertici dell’IPA e affida la pratica alla avvocatura generale del Comune. Ovviamente al presidente dell’Ipa Giancarlo Fontanelli che percepisce circa 85mila euro anno sommati alla sua lauta pensione, di dimettersi con i suoi consiglieri non passa nemmeno per l’anticamera del cervello e comunque sa benissimo che fra ricorsi e contro ricorsi c’è sempre la possibilità di uscirne con un bel gruzzoletto.
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