Al suo ritorno dalla vacanza australiana il segretario cittadino del Pd Lionello Cosentino, ha cominciato a ruggire non tanto contro il suo collega regionale Fabio Melilli (che si augura non si dimetta dall’incarico) coinvolto nel pasticcio delle liste per le elezioni al Consiglio della Città metropolitana (faccenda che interesserà si e no 2000 persone in tutta Roma), quanto contro il sindaco Ignazio Marino attento più ai proclami e alla sua immagine che ai bisogni reali della Capitale. Certo, lo fa in toni soft, da politico navigato qual’è, ma la sostanza delle critiche resta. E a questo punto il sindaco, autoproclamassi ‘indipendente’, che ti fa? Per il 31 ottobre convoca l’adunata di tutti i 200 consiglieri municipali della sua maggioranza scavalcando soprattutto il Pd che non pare aver gradito la mossa. Poco male per un partito lottizzato dalle correnti, dai gruppi, dai sottogruppi, dai benzinai “vetero”, “neo” e “post” che stenta a far politica stretto fra il decisionismo del chirurgo e lo sgretolamento della mission di sinistra. Il fatto è che Ignazio si agita perché sente puzza di bruciato e non vuol restare con il cerino in mano. Infatti non pare che il Governo, quanto meno i tecnici del MEF, siano disposti a scucire ad occhi chiusi i 110 milioni chiesti dal sindaco per gli extracosti della Capitale e soprattutto i 100 per il Tpl che dovrebbero impedire il fallimento di Atac.
IL CASO ATAC – Una municipalizzata che fa pagare a tutti i cittadini (utenti e non) 4 euro a Km contro la metà di Milano e meno ancora delle linee private. Se poi si considera che quasi l’80% del bilancio della municipalizzata va per il personale ci si accorge che i marginali tagli di alcune linee periferiche (che pure stanno creando già vibrate proteste) e i 300 amministrativi al controllo dei titoli di viaggio (che ancora non si vedono) appaiono misure più di cosmetica che di effettivo risanamento. Nè pare convincere la rapida prospettiva di valorizzazione degli immobili capitolini. Qui ci dovrebbe metter mano Risorse per Roma a cominciare dalle 300 domande per gli alloggi Erp che risalgono a tre anni fa e richiedono quindi una nuova istruttoria. Ma poi, si sa, si tratta di una operazione lunga, ben oltre i tre anni previsti dal piano di rientro. In questa situazione c’è rischio che già l’anno prossimo i conti dell’assessore al bilancio Silvia Scozzese non tornino e si debba procedere agli indigesti tagli lineari soprattutto per le municipalizzate delle quali si attende ancora l’accorpamento e lo sfoltimento. Nel frattempo ci si gingilla con la città museo archeologico, la pedonalizzazione del centro e dei Fori, il bike sharing, il fiume di denaro dagli emirati innamorati delle nostre vestigia, come se questa città finisse entro l’anello ferroviario e non si estendesse oltre, nelle sue periferie, per almeno 20 chilometri. Di cantieri, di lavoro e di investimenti poco si parla se non in funzione dello stadio della Roma e delle caserme di Guido Reni che non è poco, ma nemmeno risolutivo per una città che vede decadere trasporto pubblico, manutenzione e decoro stradale, priva di adeguate infrastrutture tecnologiche come avviene in molte parti d’Europa.
LINEA PIAGNONA – La linea piagnona sino ad oggi adottata è quella di ribadire che senza i soldi del governo nulla si può fare, pur avendo una tassazione locale (con il debito pregresso) fra le più alte d’Italia cui corrispondono servizi scadenti. Alla fine il Governo metterà ancora una volta mano al portafoglio non tanto per la vantata amicizia del sindaco con il presidente del Consiglio, quanto per non creare un’altro punto di crisi in contraddizione con le sbertuccianti slides di Matteo Renzi. E sin qui va bene, ma per il bilancio del prossimo anno cosa accadrà? Basteranno i tagli per circa 400 milioni previsti nei tre anni dal piano di rientro? Non c’è il rischio che davvero si debba provvedere a pesanti tagli lineari per alleggerire la pressione fiscale e liberare un pò di investimenti? Oppure l’Italia dovrà ogni anno ‘Salvare Roma’ che non riesce mai a salvarsi da sola? Non siamo scemi e tanto meno populisti come il Marchini che si inventa di portare i Romani sfiduciati (che a malapena vanno a votare) in piazza. Gli effetti di una rigorosa spending review (anche solo la metà di quello che indicava il dimissionato commissario Cottarelli) sdraierebbero molte amministrazioni locali, lo sappiamo. Per non parlare del patto di stabilità che non si può derogare senza mettere in crisi la stessa rappresentanza di tutti i comuni (Anci) da cui Silvia Scozzese proviene. Ma il chirurgo ha già detto che lui il bisturi non lo vuole usare e allora spiegherà ai romani, refrattari alla sola anestesia delle parole, cosa vuol fare.
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