L’hanno preannunciato e l’hanno fatti i 78 dipendenti che erano addetti alla guardiania dei campi rom e che la società ha messo in mobilità occupando gli uffici di Risorse per Roma. In gran parte già alle dipendenze della vigilanza dell’Urbe, ma stipendiati dalla Associazione nazionale Combattenti e Reduci (oggi in liquidazione) questi lavoratori da luglio percepisco lo stipendio senza lavorare, mentre le strutture che garantivano la loro presenza nei campi sono andate praticamente distrutte dagli stessi rom che mal li sopportavano.
TUTTA LA VICENDA – La vicenda è piuttosto complicata e risale al febbraio del 2012 quando 83 dipendenti dell’istituto di vigilanza dell’Urbe, dei 300 originari, vengono assunti a tempo indeterminato dopo regolare e pubblica selezione. Costo complessivo dell’operazione 3.780.000 euro l’anno. Nel febbraio del 2013 il loro contratto viene prorogato sino a maggio da Alemanno sino all’ulteriore proroga dell’amministrazione Marino subentrante, ma nel luglio di quest’anno l’assessorato al sociale di Rita Cutini decide che di soldi non ce ne sono più e il presidente Kappler, recentemente sostituito dall’ex direttore esecutivo del Campidoglio Massimo Bartoli, li mette probamente tutti immobilità senza espletare le procedure previste dalla legge per reinserire i licenziandi in altri ruoli nella RpR o in altre municipalizzate. A questo punto cessa l’attività di guardiania, ma vengono stanziati altri 600.000 euro per far fronte agli stipendi in attesa di una soluzione definitiva. Ovviamente, come di solito avviene, la politica fa la sua parte con ampie assicurazioni di consiglieri della maggioranza che il problema sarebbe stato risolto senza danno per i lavoratori.
ECCO I 78 LAVORATORI – Contrariamente all’opinione corrente che vede nelle assunzioni d’allora semplicemente la parziale soluzione di un problema occupazionale, non solo i 78 godono di un contratto a tempo indeterminato ma rientrano in quelli che sono i compiti istituzionali previsti dallo statuti di Risorse, laddove recita che la società fra l’altro ha per oggetto esclusivo « l’astinenza e il supporto all’amministrazione capitolina (anche per il) recupero, valorizzazione, trasformazione, alienazione, GESTIONE e PRESIDIO di aree e beni patrimoniali (del Comune)». Formulazione che sembra adattarsi perfettamente al servizio che quei lavoratori hanno esercitato “nei villaggi della solidarietà”, spesso soggetti ad intimidazioni malavitose e qualche volta ad aggressioni fisiche. Insomma, dicono i lavoratori, se Atac ricolloca 300 amministrati (per ora invisibili) al controllo dei titoli di viaggi e la legge prevede la ricollocazione all’interno della galassia delle società capitoline, perché tocca solo a noi venir cacciati senza tanti complimenti?
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