Spesso abbiamo l’impressione che Ignazio Marino sogni, pur nella sua formazione scientifica che lascia poco spazio alla fantasia, una città percorsa da bionde signore ed eleganti manager in bici, un pò come avviene in molte capitali del nord europa notoriamente piatte come Amsterdam o Copenhagen dove il pedalatore non ha da affrontare irti colli quali Monte Mario o il Gianicolo. Così, pezzo per pezzo, chiude alle auto il centro storico creando tutt’attorno quella maionese impazzita che è il traffico romano, mentre prefigura aree pedonali anche nelle periferie già devastate da buche e strade dissestate. Di qui l’invito assurdo ad usare il trasporto pubblico che non solo funziona poco e male in superficie, ma va via via riducendosi più ci si avvicina al raccordo anulare, Nè le prospettive di Atac sono rosee se si guarda al piano industriale, da noi anticipato giorni fa e che presto andrà al vaglio dell’aula Giulio Cesare.
PIANO DI RAZIONALIZZAZIONE – Un piano che, in sintesi, prevede una ulteriore ‘razionalizzazione’ dei percorsi, una diminuzione del numero degli autisti ed una loro maggiore produttività, l’aumento degli abbonamenti subito e quello dei biglietti nel 2016, la reinternalizzazione (era ora) della manutenzione di un parco bus per il 30% quasi sempre fermo per avarie. Nella sostanza un piano di basso profilo e di piccolo cabotaggio che nelle intenzioni degli estensori dovrebbe portare l’azienda quasi in pareggio nel 2016. Lodevole intento se si considera che Atac vanta un indebitamento di un miliardo e 600 milioni e un disavanzo nel 2013 di 165 milioni che per quest’anno dovrebbe ridursi a ‘soli’ 140 milioni. Più che un piano vero e proprio di robusta ristrutturazione appare come la parentesi più o meno rosa fra le parole ‘ti vendo’.
GUIDO IMPROTA – L’assessore Guido Improta che ama spesso ironizzare, ma di trasporti e affari se ne intende, dopo aver tirato fuori in Commissione Mobilità la storia dei 620 milioni di crediti (pressoché inesigibili) vantati da Atac nei confronti della Regione, ieri faceva intendere che la ‘razionalizzazione ‘ delle linee non fa altro che porre rimedio agli errori delle passate amministrazioni che le avevano estese oltre misura. Mentre qualche bello spirito ci spiegava che la vendita degli immobili Atac avrebbe risolto tutti i problemi dimenticando di dirci che per una operazione così complessa ci vogliono anni, ben oltre il 2016. Insomma ciascuno “se la canta e se la sona” come vuole facendo finta, ma solo finta, di ignorare la proposta delle Ferrovie che nel Tpl romano già lavorano con le linee ferroviarie dell’anello. L’amministratore delegato Elia ha detto chiaramente che è già pronto ad entrare nel capitale Atac, si suppone in maggioranza. Disegno che risale al suo predecessore Moretti oggi al vertice di Finmeccanica e che mira, anche per Milano, a incamerare i miliardi pubblici che nel Tpl i contribuenti versano regolarmente.
CONTROPIANO DEI SINDACATI – Che anche nell’immediato questa sia la prospettiva più logica lo dimostrano le paure dei sindacati che hanno presentato il loro “contropiano Atac” di risanamento e ristrutturazione agitandosi per l’agenzia unica del trasporto regionale piuttosto improbabile sotto il profilo pratico e istituzionale. Sebbene sempre di mano pubblica si tratti anche con le Ferrovie, la politica “de’ noantri” si agita per non perdere l’influenza e il potere che la sinistra esercita su una azienda, di oltre 11.000 dipendenti, della quale ha condiviso trasversalmente le più importanti decisioni anche con Alemanno. Non a caso l’ex capogruppo Umberto Marroni, oggi onorevole, annuncia una sua interrogazione parlamentare per vederci chiaro. E fa pure bene a preoccuparsi se appena il 21 ottobre scorso Improta affermava: «ci fa piacere la disponibilità di Trenitalia, ma è prematuro parlare di un’integrazione societaria. Siamo pronti già da domani ad aprire un tavolo per avviare partnership con l’obiettivo di migliorare l’integrazione tra i vari soggetti che erogano servizi.» Quel ‘prematuro’ che di qui a due anni non esclude la maturazione della “pera” che potrebbe cascare dall’albero magari a prezzi più convenienti.
FERROVIE IN GIOCO – La partita è grossa (già ne parlano autorevoli giornali di economia) perché oltre a metro e bus riguarda le tre linee ferro Roma Giardinetti, Viterbo e Lido che sono un tassello importante di quel servizio metropolitano integrato degno di una capitale europea. Un sistema che lascerebbe la porta aperta anche al capitale francese voglioso di chiudere il project finanzino per la Lido cui la Regione guarda (per non dire già tratta) con la massima attenzione. Per parte sua Improta che sembrava aver abbandonato il progetto di prolungamento della metroB sino a Casal Monastero, fa sorprendentemente marcia indietro forse per paura delle penali milionarie del consorzio dei costruttori che aveva vinto la gara e annuncia per di più la possibilità di prolungare la costosissima C oltre piazza Venezia. Tutti business miliardari che le gracili spalle di Marino non sono in grado di sostenere, nemmeno dovesse succedere a se stesso. Tanto vale che per il momento il sindaco marziano si accontenti di inondare la città di bici a pedalata assistita mentre altri prefigurano gli affari, quelli veri.
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