Campidoglio, Pd commissariato da Renzi: Orfini scalza Lionello Cosentino

L’imprimatur ufficiale arriva come al solito dall’alto: l'annuncio del presidente del Consiglio nel corso di una trasmissione televisiva

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Il fuoco di sbarramento era iniziato nel primo pomeriggio quando Morassut, vecchia gloria dell’era bettiniana/veltroniana, aveva chiesto l’azzeramento dei vertici del Pd romano nel pieno del caos dopo gli arresti dei giorni precedenti a seguito dell’inchiesta de procuratore Pignatone ‘Mondo di mezzo’.

PARTITO NEL CAOS – Un partito nel caos, questo Pd romano colto di sorpresa dagli arresti di personaggi a lui vicini, ma soprattutto messo alla gogna per un sistema di potere probabilmente noto a tutti ma sicuramente ignorato nei suoi risvolti mafiosi garantiti dal timbro nero di Carminati. Dopo la sparata di Morassut è seguita quella di Matteo Orfini presidente del Pd che ha definito ‘agghiacciante‘ tutta la vicenda . “Io spero – ha aggiunto – che gli esponenti del Pd coinvolti dimostrino la loro innocenza, ma emerge l’immagine di un partito a Roma che va rifondato e ricostruito su basi nuove. Bisogna intervenire in modo duro ”addirittura con la selezione della classe dirigente “dall’esterno”, con le primarie o le preferenze…” Si spalancavano così le porte al nuovo commissario politico di Roma nella persona dello stesso Orfini che in questo modo scalza l’attuale segretario Lionello Cosentino che pure era stato eletto con le primarie.

IL RUOLO DI MATTEO RENZI – L’imprimatur ufficiale arriva come al solito dall’alto, dallo stesso Matteo Renzi che nel corso di una trasmissione televisiva poco fa ha annunciato “Il centro della questione è l’amministrazione di Alemanno ma alcuni del Pd non possono tirarsi indietro. Per questo oggi ho accolto la disponibilità di Lionello Cosentino a fare un passo indietro e accolto l’indicazione del Pd di Roma per il commissariamento con Matteo Orfini”. Non è dato sapere chi del pd di Roma abbia indicato Orfini che di ‘trapianto esterno’ ha ben poco essendo romano, ex dalemiano passato recentemente sulle sponde renziane, ma abbiamo il dubbio che questa scelta possa creare dei problemi per un partito che da oggi in poi verrà governato dal centro con il pugno di ferro. Dopo i casini emiliani Matteo non può perdere la faccia anche a Roma per un partito che non ha mai amato e con un sindaco che non gli garantisce quei livelli di consenso elettorale cui ambisce. E non andiamo lontani dal credere che la parte sana del partito possa non gradire una soluzione imposta con annunci televisivi. Quanto alle mitiche primarie anche a Roma potrebbero finire più deserte che nel Veneto.

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