Comune di Roma: quartieri a luci rosse, idea vecchia e poco efficace

La proposta del minisindaco del IX municipio ha scatenato un ampio dibattito in tutta la capitale. Ma l'idea non è nuova

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E’ sicuramente interessante la discussione in corso a Roma sulle strade a luci rosse soprattutto per una città come questa dove i cittadini, fra disagi e buche, non hanno proprio nulla a cui pensare. Ma l’ideona, si sa, fa notizia e le cronache locali dei giornaloni ne grondano. Immancabile l’intervento del sindaco Ignazio Marino che sempre sollecito nei confronti delle ansie dei suoi cittadini, intervistato da Rainews24, dedica la dovuta attenzione all’angoscioso problema  e propone a sua volta una soluzione. Come noto il minisindaco Andrea Santoro (Pd) propone di creare un quartiere a “luci rosse” all’Eur e già altri presidenti dei municipi romani accarezzano l’idea. Così il sindaco, verace e incontaminato tutore dell’ordine e della legalità è convinto che «bisogna proteggere la famiglia con i suoi valori, dare la possibilità alle persone di poter usufruire di un parco, di una strada senza trovarsi a dover dare spiegazioni ai propri figli.» Allora occorre delineare un percorso perché occorre tener conto dello sfruttamento «spesso di ragazze addirittura minorenni, che è un crimine orribile.» Per questo occorre «individuare dei luoghi dove» il fenomeno «non è tollerato assolutamente» che «potrebbe essere un deterrente per liberare delle zone» ma per questo c’è bisogno «di un maggiore sforzo delle forze dell’ordine».

LA VECCHIA STORIA DELLE MULTE – Detto per inciso, non saranno certo le zone a luci rosse ad eliminare lo sfruttamento cui è legato anche lo spaccio di droga e tanti altri comportamenti criminosi, ma per il sindaco si può trovare un equilibrio per individuare dei luoghi dove il fenomeno «non è tollerato, come parchi pubblici in cui le famiglie vanno.»  Poi gli occasionali clienti, cuccati sul fatto, potrebbero ricevere a casa «una multa in cui si dice chiaramente che la sanzione di 500 euro è legata al fatto che si intrattenevano» con prostitute (e guai se le vedessero le loro mogli). Quanto al fatto di tollerare il fenomeno della prostituzione in altre zone lontane da condomini e scuole, il sindaco ammette che si tratta di una competenza del legislatore. Vorremmo sommessamente far notare che la faccenda delle multe ai clienti (addirittura sanzionati per sosta vietata) ci pare sia già stata sperimentata in altre città, del Veneto ad esempio, senza particolare successo e poi, nonostante la cagnara della Lega Nord su queste iniziative. E poi, per quanto riguarda la Capitale, una volta approvato il contratto accessorio per i dipendenti comunali, sarebbe difficile attribuire ai vigili una sorta di indennità speciale per un lavoro che in genere spetta alle forze dell’ordine. Intanto la discussione si allarga addirittura a temi etici, con quel pizzico di perbenismo che non guasta mai.

NUOVI GHETTI PER LE SIGNORINE? – Certo, certe scene di normale passeggio rasentano davvero la sconcezza, e allora la ‘soluzione finale’ sarebbe quella di isolare il fenomeno in zone disabitate, sorta di ghetti, un pò come i campi rom, dove l’emarginazione si istituzionalizza e la criminalità dilaga senza freni. La pensa diversamente la consigliera regionale vicina a Sel, Marta Bonafoni, quando ricorda che da tutta questa discussione «l’assente è il finanziamento dei progetti anti-tratta» per assistere le vittime della tratta che almeno fino qualche anno fa potevano contare su alcune risorse da parte del Governo.» Se poi si vuole davvero dare una botta alla prostituzione di strada tanto vale tornare indietro di oltre 60 anni e riaprire i casini per soddisfare la pancia di una destra misogina e maschilista e forse, di tanta parte dell’opinione pubblica. Quella che  viene comunemente definita la ‘pancia’ del Paese.

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