Mafia Capitale, l’influenza di Carminati tra corruzione e politica

La ricostruzione della Direzione nazionale Antimafia presentata oggi dal presidente della Commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi e dal procuratore nazione Antimafia Franco Roberti

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Sul territorio laziale sono presenti tutte le organizzazioni mafiose tradizionali, che si dedicano al riciclaggio e al reinvestimento dei capitali accumulati illecitamente. A queste si aggiunge poi il fenomeno di Mafia Capitale rappresentato da organizzazioni che sono state qualificate come associazioni di stampo mafioso, ma che non fanno riferimento ai sodalizi tradizionali del sud Italia, essendo autoctone.

LA RELAZIONE – Lo scrive la Direzione nazionale Antimafia nella relazione 2014 presentata oggi dal presidente della Commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi e dal procuratore nazione Antimafia Franco Roberti. In particolare riferendosi all’inchiesta su «Mafia Roma» la Dna rileva che Massimo Carminati «avvalendosi del legame con alcuni personaggi dell’estrema destra romana divenuti negli anni importanti personaggi politici o manager pubblici, e attraverso alcuni esponenti del mondo imprenditoriale, ha potuto condizionare pesantemente il contesto politico ed amministrativo romano, determinando la nomina di personaggi ‘graditi’ in posizioni strategiche quali quelle di presidente e di capo segreteria dell’assemblea capitolina, di presidente della Commissione per la Trasparenza del consiglio capitolino, di direttore generale, consigliere di amministrazione, dirigente dell’azienda municipalizzata Ama; ottenendo l’allontanamento e la sostituzione del direttore del dipartimento per i servizi sociali del Comune di Roma in quanto non ‘sensibile’ alle esigenze del sodalizio».

CIRCUITO CORRUTTIVO – In tal modo – scrive la Dna – il sodalizio di Carminati ha costituito un sistema di relazioni «costantemente alimentato da un importante circuito corruttivo» ottenendo per le imprese a lui collegate affidamenti  redditizi dal comune di Roma e dall’Ama, tra i quali quelli nella gestione dei campi nomadi, delle strutture riservate agli stranieri e ai minori non accompagnati, gli appalti nella raccolta dei rifiuti, nella manutenzione del verde pubblico e nella raccolta delle foglie. Inoltre il sodalizio è riuscito ad ottenere «lo sblocco di fondi destinati alle citate cooperative sociali, interferendo sulla programmazione del bilancio di Roma capitale orientando l’assegnazione dei flussi di immigrati verso le strutture gestite dalle cooperative controllate. «L’indagine della DDA – si legge ancora – ha rilevato un vasto mondo di malaffare, un articolato e diffuso sistema corruttivo, una penetrazione criminale in alcuni dei più delicati ed importanti settori istituzionali, nonchè il controllo criminale di imprese che pure danno lavoro a numerosissime persone».

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