Comune di Roma, il bilancio della Scozzese che ammazza la politica

Il percorso della manovra di previsione per il 2015 mostra tutta la difficoltà della politica a mostrare la sua forza in questo momento

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Cosa sta succedendo nella Capitale in vista dell’approvazione del bilancio di previsione per il 2015? A leggere i giornaloni romani incombe una prospettiva di lacrime e sangue con tagli per 310 milioni (e da subito) come concordato con il Governo quando fu approvato decreto il ‘salvaRoma’. Quel decreto che ha portato nelle casse capitoline altri 110 milioni per gli extracosti della Capitale ed un consistente contributo della Regione per il trasporto locale. Messa così ci sarebbe da credere alla promessa di Ignazio Marino che suona: tiriamo la cinghia adesso e poi tutti sorrideremo negli anni a venire. Eppure il bilancio di qualsiasi comune non è la pura somma di numeri o di tagli, è soprattutto fatto di scelte politiche.

TAGLI AL SOCIALE – Perché se tagli più sul sociale e meno sulla comunicazione o sui costi dei dirigenti, se non fai la tua spending review limitandola al taglio di qualche partecipazione azionaria lasciando in piedi municipalizzate quali Farmacap o Assicurazioni di Roma, vuol dire che sei venuto incontro agli umori di una certa sinistra che vede come il fumo negli occhi qualsiasi dismissione. Che non è politica, ma clientelismo. Alla fine non incidi sulla spesa corrente che assorbe quasi il 90% del bilancio capitolino, non risani la voragine di debiti di Ama e Atac  e tiri a campare. In alternativa fai pressione sul Governo per ottenere altri quattrini, come vorrebbe Sel che agita la minaccia Leghista fra i Sette Colli. Se il bilancio è fatto di scelte politiche, prima ancora che contabili, la politica dove sta? Succede allora che mentre il capogruppo di Sel Peciola intrattiene i giornalisti nelle sue esternazioni, a discutere in aula della destinazione del patrimonio immobiliare capitolino ci sia solo il gruppo del Pd, per di più decimato da malanni vari. Poco male, si dirà: se non fosse che Mafia Capitale sembra aver annichilito proprio quel partito alle prese con un commissariamento (Matteo Orfini) politicamente poco produttivo e alla ricerca di una rigenerazione delle poche forze rimaste in campo.

I NUMERI DELLA SCOZZESE – E allora se manca ‘la politica’ del maggior Partito di maggioranza, quello che ha governato Roma per decenni prima della opaca esperienza di Alemanno, non restano che i numeri dell’assessore al Bilancio Silvia Scozzese che oggi rappresenta il vero governo di questa città assieme ai fedelissimi del sindaco. La Scozzese, a ben vedere, fa suo quanto avrebbe fatto (ma più gradualmente) Daniela Morgante che l’ha preceduta, ma allora accusata dal sindaco di voler solo tagli lineari. Come se quelli che oggi propone l’attuale assessora fossero tagli verticali o diagonali. In fondo il sindaco sa che anche se venissero a mancare (cosa molto improbabile) i voti di Sel, la maggioranza la avrebbe comunque. Soprattutto sa che Sivia Scozzese rappresenta  il Governo, il quale non vuole lanciare altre ciambelle di salvataggio per Roma, pena la rivolta di mezzo Parlamento. Lei che è  la vera ‘badante’ di un sindaco guardato a vista da Matteo Renzi e lo strumento di quella lobby dell’Anci capeggiata dal Sottosegretario Del Rio che che in questi giorni ha organizzatp la sua corrente ‘catto-renziana’.

DEBOLEZZA DELL’AMMINISTRAZIONE – Questa è la debolezza ‘politica’ di una amministrazione che tenta di recuperare la propria credibilità sulla linea di una law&order (fra magistrati, carabinieri e Guardia di Finanza) sino al punto di minacciare decine di prossimi arresti per intimidire la maggioranza. Una maggioranza ed un Pd balbettante che non potrà contrastare il rabbioso ostruzionismo dell’opposizione, che non avrà la capacità (politica appunto) di mediare nel coacervo di spinte e pressioni che vengono anche dalla società.  Se poi dovessero arrivare a breve altre misure restrittive che coinvolgano anche la sinistra, c’è rischio che si perpetui l’attuale paralisi amministrativa per la quale nessuno firma più nulla. E allora Roma non verrebbe nemmeno più governata da quello che resta della politica, ma dalla paura.

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