Ignazio Marino balla sulle ceneri della politica: “Resto fino al 2023”

Mentre per i sondaggi solo il 26% dei romani lo rivoterebbe, il sindaco di Roma resiste grazie alle indagini della Procura e al sostegno di Renzi

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comune di roma ignazio marino

Che sia finita un’epoca, o meglio che sia finita l’era ‘gloriosa’ del Pd romano, lo dimostra l’assemblea dei democratici della città che il commissario renziano Matteo Orfini ha convocato ieri. Un partito che raccoglie 500mila voti nella Capitale ridotto a 9.000 iscritti, ma che di fatto, almeno a sentire Orfini, è grasso che cola se ne ha poco più della metà di quelli ‘veri’. Poco importa perché dopo Mafia Capitale e la proposta del Commissario Politico di far pagare la tessera in ragione del proprio reddito che ha suscitato malumori in platea, dubitiamo che il Pd ne possa raccogliere molti di più. Fenomeno, se volete, sempre più evidente in questa società liquida che liquefà anche i partiti mantenendo intatti i centri del potere che vanno ben oltre i partiti stessi.

IL VECCHIO E IL NUOVO – Che il vecchio (ma il nuovo dove si è visto, che nemmeno Orfini tanto nuovo è?) Pd romano sia finito lo dimostra questa affermazione di Orfini: «Auspichiamo che i filoni d’inchiesta (di Mafia Capitale ndr) vadano avanti e anche se riguarderanno i nostri esponenti non possiamo che ringraziare la Procura perché questo servirà a ripulire la città…» Una abdicazione della politica che non ha avuto il coraggio di ripulirsi prima e che oggi abdica alla Magistratura non solo il compito di punire i colpevoli, ma di moralizzare un sistema di Governo di 20 anni con le sue ombre, ma anche con le sue tante luci.

LA POLITICA HA ABDICATO – Tale è la masochistica abdicazione della sinistra che, caso unico in Italia, il sindaco istituisce un assessorato alla legalità governato da un magistrato. Che poi Buzzi e Carminati siano divenuti ormai la sentina di tutti i mali di questa città è evidente, tanto evidente che, sempre nel vuoto della politica, il sindaco Ignazio Marino, noto per la sua intima modestia, afferma in assemblea «Questa città la voglio cambiare veramente. È diventata la mia sfida, quindi io qui ci sto non fino al 2018, ma fino al 2023.» Affermazione che può andar bene al ‘Democratico volgo disperso’  che lo stesso sindaco intimorisce preannunciando (con gusto) la possibilità di altri 120 arresti, ma che deve fare i conti con gli orientamenti dei cittadini romani. Qui le cose sono un pochino più complicate perché, a leggere i più recenti sondaggi, solo il 26% degli elettori lo voterebbe oggi in un oceano di astensioni.

ROMA, SALVINI E MARINO – Se, come dice Orfini, Roma non ha bisogno di Salvini, non è proprio detto che abbia bisogno di Marino. Siccome siamo convinti che il sindaco non si consideri ‘unto dal Signore’ o ‘predestinato dal destino’ possiamo creder che nei prossimi due anni e mezzo si appresti a fare cose mirabolanti. Sempre che Renzi apra il portafoglio per una città ed una amministrazione che inghiottono miliardi di spesa corrente, salvo qualche taglio  in settori, tutto sommato poco significativi, come il ‘sociale’ e la ‘cultura’. A ben vedere la forza del sindaco poggia oggi sulla Procura con la prosecuzione delle indagini, l’afasia totale del partito che l’ha fatto eleggere, il sostegno di Renzi finchè dura, l’assenza di una opposizione credibile. Così se si butta l’esperienza di una sinistra, che ha governato per 20 anni, con l’acqua sporca delle indagini per mafia non resta che ricostruire tutto da capo. Compresa una classe dirigente che non potrà che essere essere ad ‘immagine e somiglianza’ del demiurgo (non chirurgo n.b.) Ignazio Marino.

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