Allora ricapitoliamo; il sindaco Ignazio Marino commissario pro tempore a Ostia, l’assessore alla legalità Alfonso Sabella a guardia del litorale e il vice comandante dei vigili capitolini Antonio di Maggio spostato a Ostia. Una task force di tutto riguardo con un vice comandante che possiede una solida esperienza di interventi di ordine pubblico e che spesso si è segnalato per gli sgomberi dei campi rom abusivi, se non fosse per quella maledetta intercettazione che lo tira in ballo per i suoi rapporti con il perfido Salvatore Buzzi oggi detenuto in Sardegna per ‘mafia capitale’. Succede infatti, come riportarono le gazzette, che nel febbraio del 2013 Buzzi viene convocato dai vigili urbani dell’allora XII Municipio per una questione riguardante il campo nomadi di Castel Romano.
LE INDAGINI DEI ROS – Come spiegano i carabinieri del Ros Buzzi riesce a far slittare la convocazione «grazie all’interessamento di Angelo Scozzafava (ex dirigente del dipartimento Politiche sociali) presso Pasquale Calzetta, presidente del Municipio competente». Intercettato Salvatore, con la finezza che lo caratterizzava, replica alla sua compagna Alessandra Garrone che lo avvertiva della convocazione «Non me ne frega un cazzo, i vigili urbani… (…) il sindaco di Roma, che forse lo conoscete e non mi rompete i cog…ni a me, gli dirò così». Dimostrazione palese che a Salvatore i vigili facevano proprio un baffo perché ben li conosceva e comunque poteva sempre rivolgersi più ‘in alto’. Infatti molto dopo questa elegante conversazione i carabinieri segnalano una conversazione tra Di Maggio e Buzzi del giorno 21 luglio.
CAMPI NOMADI – I due, che si frequentavano in ragione dei campi che le cooperative di Buzzi gestivano, si sentono al telefono per commentare la notizia di un incendio che aveva distrutto il quadro elettrico di un campo. Di Maggio suggerisce a Buzzi una possibile spiegazione sulla causa del rogo: «Ma non credi che quelli facciano sta cosa per tornare in possesso del campo come era con Luca Odevaine, che vogliono i soldi loro». E Buzzi replica «Probabilmente, probabilmente è pure un tentativo di tornare a Tor de’ Cenci». Il vice capo dei vigili cerca allora di spiegarsi meglio: «No, che vogliono loro i soldi, capito?» e il suo interlocutore risponde: «Ah, ma quello da mo’ che li vogliono…». Una intercettazione non vuol dire nulla, in fondo dentro alle 70.000 pagine dell’indagine c’è dentro mezza Roma, ma che Di Maggio ben conoscesse meccanismi e retroscena nella gestione dei campi è un dato di fatto.
[form_mailup5q lista=”campidoglio”]