Alfio Marchini l’ecumenico e i quattro fattori per vincere a Roma

Il sindaco “ombra” appare al momento l'unica alternativa credibile a Ignazio Marino

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Alfio Marchini ritorna e punta il dito contro Ignazio Marino

Alfio Marchini alla trasmissione di Lilly Gruber sulla 7, Otto e mezzo, ci va regolarmente quasi ogni tre mesi. Sarà perché è telegenico e simpatico o molto più probabilmente perché nel mondo dei media si ritengono sempre possibili le elezioni anticipate a Roma. Fatto sta che lui si presenta come unico, almeno per ora, sindaco “ombra” in competizione con Ignazio Marino. Né ha tutti i torti perché altre figure credibili da una opposizione di destra confusa e frastagliata, non è che se ne vedano. Nemmeno da parte di quelli che stanno salendo in fretta e furia sul carro improbabile (almeno per Roma) di Matteo Salvini.

IL CANDIDATO NÈ DI DESTRA NÈ DI SINISTRA – In verità Alfio nel suo ecumenismo e con un solo consigliere disponibile nella persona del giovane e brillante Alessandro Onorato, riesce a fare una discreta cagnara come ad esempio sulla affittopoli e svendopoli capitolina. Così da apparire il candidato del buon governo né di destra né di sinistra anche se, sempre da Lilly, nel dicembre dello scorso anno, tirato per la giacchetta (scusate il bisticcio) dall’esponente Pd Giachetti, finì per ammettere che, tutto sommato, per ideali e storia famigliare, lui pendeva un po’ di più a sinistra. O meglio, per una sinistra che probabilmente non esiste più. Eppure allora erano noti i suoi contatti nel centro destra con Augello e poi (si dice) il suo tentativo di approchement con Salvini. Tanto più che, con un Pd pure commissariato, oggi c’è poco da sfogliar verze.

ALFIO L’ECUMENICO – Così lui, Alfio, in campagna elettorale c’è già e mira a pescare proprio in quel 50% di romani che dichiara apertamente che a votare non ci andrà. Insomma, la cosa di Marchini non dovrebbe essere né rossa né nera. ‘Na roba incolore e, si spera, non insapore. Venerdì scorso ha detto a Otto e Mezzo «Io sono il candidato del nostro movimento che ha già il 25% a Roma, chi vuole aggregarsi si aggreghi». Che più ecumenico (appunto) di così non si può sognare.

QUATTRO FATTORI PER VINCERE A ROMA – Sin qui nulla di male. Solo che per vincere a Roma, secondo le nostre modestissime convinzioni, necessitano alcuni fattori. Il primo è la conquista del popolo delle periferie, tradizionalmente di sinistra ma, col tempo, sensibile al populismo di destra, come dimostrò la vittoria di Alemanno, e oggi completamente scaglionato e deluso. Il secondo riguarda i poteri forti, gerarchie ecclesiastiche comprese. Ma lui la fede l’ha recuperata. Con il modo dell’impresa poi gioca in casa. Il terzo elemento riguarda la cattura di quel vasto mondo che ruota attorno all’impiego pubblico, statale e comunale, che non apprezza il liberismo, le dismissioni e le privatizzazioni. Anche se Marchini preferisce parlare di efficienza senza dare così fastidio a nessuno. In fondo questo è un mantra che tutti ripetono al Campidoglio senza risultati apprezzabili. Ma nella citata trasmissione di dicembre Marchini giudicava “miope l’accanimento” di Renzi contro la Cgil. Bella apertura ai sindacati, oggi più che mai decisi ad affossare Ignazio. Infine ci vuole la costanza. E qui cadiamo nello psicologico perché Alfio alterna sprazzi di improvvisa loquacità mediatica a lunghi periodi di riflessione.

ALFIO E IL NAZZARENO – Anche se ormai c’è poco da riflettere perché, ammesso che Marino regga tre anni, di tempo ne resta comunque ben poco. Sempre che Renzi e il Pd decidano di puntare ancora sul sindaco chirurgo che oggi con mafia capitale si è fatto la nomea del Giuliani de’ noantri. Perché, se così fosse, Marchini, con il cuore spezzato, rappresenterà obiettivamente l’opinione pubblica di destra (che magari potrebbe anche vincere, ma senza di lui). Ma proprio per questo siamo convinti che Alfio un qualche filino con il Nazzareno continui a reggerlo. Che se questo filo dovesse divenire una solida gomena di certo lui non competerà mai sotto il marchio del Pd, ma sicuramente dovrà darsi un aplomb quanto meno renziano. Farsi una sorta di partito della Nazione tutto de’ noantri sulla scia di Matteo, una volta completata la rottamazione della vecchia ‘ditta’ di Bersani. Per ora stanno tutti appassionatamente con Ignazio, persino la riottosa Sel, ma un’altra ondata di arresti o un giubileo organizzativamente deludente, oppure ancora un altro buco di bilancio insostenibile, potrebbero rendere imbarazzante il sostegno a Marino. Sarebbe peggio che difendere Fort Apache. E allora… e allora proprio questo potrebbe essere il calcolo di Marchini. In fondo proprio Renzi sta dimostrando che la politica è ormai l’arte dell’impossibile.

 

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