Roma, una famiglia nomade costa al comune 33mila euro l’anno

Comune di Roma, l'Associazione 21 Luglio ha presentato stamattina in Campidoglio il report ''Centri di raccolta Spa''

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I nomadi costano e pure parecchio al Comune di Roma. Lo testimonia l’Associazione 21 Luglio che stamattina, a un anno dalla pubblicazione del rapporto ”Campi nomadi Spa” che aveva denunciato l”esistenza nella Capitale di un ”sistema campi nomadi” da 24 milioni di euro, ha presentato in Campidoglio il report ”Centri di raccolta Spa”.

Nel 2014 il Comune di Roma ha speso 8 milioni di euro, il 30% in più dell’anno precedente per ospitare 242 famiglie rom nei centri di raccolta con una spesa annua di 33mila euro a famiglia. L’indagine dimostrerebbe la presenza di un «sistema dell’accoglienza per soli rom» parallelo a quello dell’assistenza alloggiativa in emergenza (che poi diventa cronica) prevista per sfrattati e senza tetto. Nella Capitale ci sono 3 ”centri di raccolta”: quello di via Salaria, quello di via Amarilli e il Best House Rom, che ospitano circa 900 persone, di cui la meta” minori.  Ai tre centri si aggiungono le strutture di via San Cipirello, via di Torre Morena, via Toraldo e l’ex Fiera di Roma in cui risiedono circa 300 rom accolti dopo lo sgombero di alcuni insediamenti.

Della spesa totale del 2014 il 90,6% è stato utilizzato per la sola gestione dei centri, il 4% per sicurezza e vigilanza e il 5,4% per la scolarizzazione senza alcun fondo per l’inclusione sociale dei nomadi. I fondi sono stati assegnati a enti e cooperative tramite affidamento diretto e senza bando pubblico. Segue l’elenco dei fondi destinati ad ogni struttura, ma il dato più eclatante è che per mantenere una famiglia rom a via Salaria il Campidoglio ha speso dal 2009, anno di apertura, 231.970 euro. Mentre a via Amarilli, aperto dal 2010, sono stati spesi oltre 341mila euro a nucleo, quasi 70mila euro all’anno. Come uscire da una situazione dispendiosa (che peraltro non risolve il problema) che non tiene conto degli insediamenti abusivi?

La proposta che farà sicuramente discutere, viene proprio dall’assessore al sociale Silvia Danese secondo la quale il buono casa che il Comune dovrebbe erogare alle famiglie che lasciano i residence potrebbe essere esteso anche ai rom perché «non è detto che una persona non possa uscire dai campi, trovare lavoro e avere una casa». Ma per questo passaggio c’è bisogno di una ulteriore delibera «visto che il buono era stato pensato per la fuoriuscita dai residence delle famiglie che vivevano al loro interno.» Sfidiamo l’assessora a trovare in Roma proprietari che siano disposti ad affittare casa ad una famiglia di nomadi sia pure laboriosa e coperta dal buono del Comune per pagarsi l’affitto.

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