Ignazio Marino all’attacco nell’indifferenza della “maggioranza silenziosa”

Il sindaco alla Festa dell'Unità addossa le colpe alla amministrazione Alemanno

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I quotidiani di stamane scrivono di un Ignazio Marino all’attacco durante la festa dell’Unità al Pratone delle Valli accolto dall’entusiasmo e da grida di incitamento dei militanti del Pd, quello ‘buono’ (sa va sance dire) individuato dalla relazione del prof. Fabrizio Barca. Certamente non una folla, tanto che qualcuno scrive di una claque sapientemente organizzata, ma comunque  un segnale confortante per il sindaco assediato anche dai Renziani al governo. Il succo del ragionamento del sindaco, che rispolvera slogans degli anni di piombo quale quello di ricacciare la destra (allora si diceva tout court i fascisti) nelle fogne, lascia molte perplessità, ma soprattutto alimenta la faziosità che lascia presagire nel futuro lo spargimento di veleni a piene mani. Il punto di forza del ragionamento di Marino è che dopo due anni della sua amministrazione tutte le colpe vanno fatte risalire a Gianni Alemanno (ma sotto sotto anche a Veltroni e Rutelli) e alla sua classe di governo peraltro collusa con pezzi importanti del Pd che secondo lui non esistono più, spazzati dal professor Barca e dal commissario Orfini.

Che è un pò come rinnegare la paternità della vittoria di Marino alle primarie e successivamente al Comune per il quale i due Pd, quello ‘buono e quello cattivo’, si sono prodigati. L’impressione che si ne ricava è quella di ‘molto teatrino politico’ e poca concretezza sulla realtà di questa metropoli. Peccato che il Governo non pare proprio esprimere un giudizio positivo su questo sindaco tanto che il ministro Maria Elena Boschi gli tirava ieri una stoccata affermando (grosso modo) che essere onesti non basta se si è incapaci. Altro teatrino è quelle delle dimissioni di qualche assessore. Improta ai trasporti? Forse. Sivia Scozzese al Bilancio? Rientrate. Un tira e molla di indiscrezioni che è anche il segno di una crisi profonda di questa amministrazione sulla quale pende “l’armageddon” del prefetto che secondo indiscrezioni interessate e oggi smentite dallo stesso prefetto, difficilmente potrebbe venir sciolto il Consiglio e commissariato il Comune. Perché tutto sommato Roma è sì corrotta, ma non mafiosa in senso stretto. Se sotto il profilo politico la stampella più solida del sindaco rimane (per ora) quella del commissario del Pd Matteo Orfini, non aiuta certo il sindaco la paralisi dei gangli amministrativi del Comune.

Intanto perché molti dirigenti guardano ansiosamente al pensionamento, mentre, per quelli che restano, si verifica una sorta di rifiuto alla firma per qualsivoglia atto amministrativo. Tanto è il timore di futuri interventi della Procura già ingolfata dai dossier che il sindaco e il loquace assessore alla legalità Afonso Sabella hanno scaricato da mesi sul tavolo di Pignatone.  Insomma, chi più ne ha più ne metta. Con l’opposizione grillina pronta (e ci mancherebbe!) a governare la complessità metropolitana e una destra frammentata ed afona attratta dalle sirene Salviniane  xenofobe e antieuropee. Nella sostanza nessuno che sappia dar voce al malessere diffuso sotterraneo che ormai mette nello stesso sacco tutti, come dimostrano i più recenti sondaggi che per certo danno solo la disaffezione nei confronti del sindaco.

Una ‘maggioranza silenziosa’ (si chiamava così sempre negli anni ’70) ormai per il 50% distante dalla politica e che si rifiuta di votare. Un popolo degli astenuti che non è “nè di destra nè di sinistra”. Un partito senza volto che non si accosta nemmeno alla conclamata democrazia partecipativa vantata dai comitati e che non esiste se non per sparute e talora chiassose minoranze. A questo popolo non frega niente nè del Pd buono nè di quello cattivo. Mette tutti nel sacco della corruzione (antica come l’Urbe) e giudica sulla base della quotidianità: sporcizia, decoro, trasporti, burocrazia ecc. Ignazio Marino è pronto a dare risposte da qui al 2023 perché, dice, la guarigione del malato si giudica alla fine della cura. Ma chi ci assicura che la sua, di cura, sia quella giusta?

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