Comune di Roma, Ignazio Marino scavalca il Pd a sinistra

Continua il teatrino del un sindaco assediato dai media che si muove tra le insidie nazionali e locali

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«Su alcuni quotidiani oggi vengono attribuiti al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, dei virgolettati e delle valutazioni su Roma e sul sindaco Marino che Renzi non ha mai pronunciato». E’ quanto riferiscono fonti di Palazzo Chigi che si son viste sbattere sui giornali affermazioni di Renzi non proprio lusinghiere nei confronti di Ignazio Marino. Continua così, fra affermazioni e smentite il teatrino che vede un sindaco assediato dai media pronti a cogliere ogni segnale di imminente crisi. In proposito è stata davvero sorprendente la dichiarazione di Stefano Fassina, esponente della minoranza del Pd sempre con un piede fuori dal suo partito, il quale stamane affermava a Omnibus su La 7 che l’attacco di autorevoli quotidiani nazionali al Sindaco è la conseguenza della sua battaglia contro i soliti ‘poteri forti.’

Una sorta di aura di martirio attorno al sindaco che pure sino a qualche giorno fa veniva esortato da Confindustria a procedere sulla sua strada e che, dopo la “cagnara” iniziale contro i soci privati su Acea, qualche mese fa aumentava il numero dei componenti del Cda che aveva appena ridotto dopo una feroce battaglia con Caltagirone e i Francesi. Per non parlare di metro C che di costosi ‘poteri forti’ è l’espressione; opera della cui inutilità il dimissionando assessore Guido Improta si accorge solo ora, dopo aver riconosciuto ai costruttori altri milioni di euro. Fassina, si sa, non è lo Tsipras italiano e forse nemmeno Civati che domenica ha lanciato la sua nuova formazione “de sinistra sinistra” strizzando l’occhio a Marino. Eh si, perché anche l’affermazione di Ignazio che “la destra deve tornare nelle fogne” ha senso se si considerano le giravolte del sindaco che da una immarcescibile fede in Matteo Renzi ha virato a sinistra.

Anche con Sel che sino all’altro ieri minacciava di uscire dalla maggioranza per garantire solo l’appoggio esterno in Consiglio. Della riacquisita fedeltà del capogruppo di Sel di Peciola che una volta garantite la pencolante poltrona del vice sindaco Luigi Nieri oggi punta il dito sul Governo che non scuce più altri soldi per la Capitale. Magari sforando il patto di stabilità, “mission impossibile” che portò alle dimissioni di Daniela Morgante (nell’aprile dello scorso anno) e oggi trova la ferma opposizione dell’attuale assessore al Bilancio, Silvia Scozzese. Insomma il ‘marziano’ dell’antipolitica, che per un certo periodo ha goduto anche della benevolenza del Movimento 5 Stelle capitolino, non è proprio allo sbando, ma manovra politicamente, eccome. Non a caso l’indagine Orfini/Barca sui buoni e i cattivi nel Pd romano gli dà fiato e dimostra che proprio il Pd cattivo tentò di tarpargli le ali sin dall’inizio.

Un ‘furbacchione’ l’ha definito Marchini, un politico navigato, diremmo noi. Se poi questo “sinistrismo populista” gli giovi è tutto da vedere, ma per certo vi è che la dissoluzione del Pd cattivo (ma anche di quello buono) apre al sindaco inesplorati spazi politici. Tanto da supporre che con un Consiglio ormai addomesticato e timoroso di perdere poltrone non recuperabili, mira addirittura alla riconferma nel 2023. Che poi, probabilmente, non ci crede nemmeno lui. Così nonostante il prossimo rapporto del prefetto Gabrielli sull’inquinamento mafioso nella Capitale e la diffidenza di Renzi nei suoi confronti, si sente garantito almeno sino al prossimo, anno quando altri grandi comuni quali Milano andranno al voto. Di qui ad allora, forte dell’imminente Giubileo, Marino pensa di ribaltare la situazione a suo favore. Anche se le dimissioni dell’assessore Improta (che di poteri forti se ne intende) più che un campanello di allarme suonano come una campana a morto.

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