Comune di Roma, continui rimpasti: la giunta mobile di Ignazio Marino

Si dimette Mattia Stella. In due anni il sindaco ha superato il guinness dei primati che fu del suo predecessore Gianni Alemanno

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Gli informatissimi giornaloni romani che del Marino pensiero (più o memo occulto) fanno quotidiana pastura, ci comunicano che, nonostante le pressioni di Renzi esercitate per procura dal proconsole e commissario del Pd romano Matteo Orfini, il sindaco non avrebbe alcuna intenzione di mettere mano ad un rimpasto della sua eccezionale (Ignazio dixit) squadra di governo, ma di procedere ad una purga dei quadri dirigenti del Comune. Che a ben vedere non è un’ideona tutta sua, ma imposta da quel rapporto Gabrielli che definisce l’amministrazione capitolina, grosso modo, corrotta e infiltrata dalla mafia buzziana. Burocrazia che già annovera fra le sue fila arrestati, indagati e  sospettati.

Intanto ieri cadeva la testa del giovane avvocato Mattia Stella eletto nello staff a uomo di assoluta fiducia del Sindaco in tempi non sospetti, malauguratamente incappato in qualche intercettazione che, come si sa, nel Belpaese equivale ad una condanna quantomeno mediatica. Ma tant’è, perché la parola d’ordine (nonostante il disastro del decoro urbano) oggi  è “fare pulizia” dopo quell’altra, ormai stucchevole, di “cambiare passo” . Il fatto è che mentre Marino  pedala in salita, con umor tutto british ( anche se raramente qualcuno, eccetto i suoi fedelissimi, ride alle sue battute) ha sempre detto di odiare il termine “rimpasto” visto che lui non è un fornaio. Boutade comunque infelice perché Lui  in due anni ha “rimpastato” e pure alla grande superando il guinness dei primati che fu del suo esecrato predecessore Gianni Alemanno.

Stiamo ai fatti. Nell’aprile dello scorso anno “dimissiona” un pezzo da novanta quale l’integerrima magistrata contabile Daniela Morgante, in polemica con l’ancora attuale assessore ai trasporti Guido Improta, ma soprattutto con il sindaco per l’impostazione del Bilancio. Lavoro che condurrà a termine l’attuale assessore Silvia Scozzese  con gli stessi tagli (poco più poco meno) che voleva adottare la Morgante. Subentrata la signora di fiducia della lobby dell’Associazione dei Comuni (del Rio, Fassino ecc.), per Ignazio si apre un’altra grana con il dimissionamento dell’assessore alla cultura Flavia Barca nel maggio dello stesso anno.

La sorella del famoso Barca , quello del Pd romano cattivo e pericoloso, sbatte la porta in palese dissenso  con il sindaco per essere sostituita da una vecchia gloria veltroniana qual è l’attuale assessore Giovanna Marinelli. Come con le porte girevoli dei grandi hotel di lusso il via vai non si conclude qui perché  nel novembre 2014 se ne va anche l’assessore allo sport Pancalli immediatamente seguito a dicembre da quella al  sociale Rita Cutini a ridosso della bomba di mafia capitale con la prima ondata di arresti. La quale Rita dichiarerà di essere stata proprio lei la vittima sacrificale sull’altare della congrega mafiosa di Buzzi &C, e che verrà sostituita dall’attuale assessore con delega anche alla casa Francesca Danese, vestale del volontariato.

Politiche abitative in precedenza di competenza di Daniele Ozzimo  a quel tempo solo inquisito e non ancora arrestato per la sua liaison con Buzzi. Ma non è finita qui perché Ignazio, che pure non è un fornaio, decide di rimpastare con maggior lena e sposta Masini allo sport  mentre  ai lavori pubblici e  alla protezione civile ci mette una vecchia gloria del giubileo 2000, quel Maurizio  Pucci ( che già si occupava come dirigente delle grandi – quanto invisibili- opere) e affida alla fedelissima Alessandra Cattoi il patrimonio che prima faceva capo al vicesindaco Nieri, liberandola dalla scuola che va allo stesso Masini.

Ci rendiamo conto che ai nostri lettori, già poco interessati alla materia, cominci a girà a capa  per questo turbillon di incarichi, deleghe e poltrone, ma, parafrasando l’aria del Rigoletto, sorge il dubbio che al Campidoglio davvero  “la giunta è mobile…”.

Se poi verranno confermate le dimissioni di Improta ed eventualmente quelle della Scozzese si comprenderà che il potere vero, giocoforza, lo deterrebbero le direzioni dei dipartimenti, oggi paralizzate dalla paura di strascichi legali più o meno gravi. Se adesso si deve “fare pulizia” anche lì e dopo il cambio di 5 assessori più uno in fieri in 2 anni (alla media di un cambio di poltrona ogni 4 mesi),  ci si chiede legittimamente  chi attualmente governi la macchina capitolina con i sui suoi 62.000 dipendenti fra comunales e municipalizzate.

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