Campidoglio e tutoraggio, la “terza via” di Bindi e Sabella per Ignazio Marino

L'assessore alla legalità si schiera a favore della proposta della presidente della Commissione interparlamentare anti Mafia

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Non sarà una affermazione gradita dal suo sindaco Ignazio Marino quella dell’assessore alla legalità e commissario di Ostia Alfonso Sabella il quale, prontamente rimessosi dal malore di qualche giorno fa, ha partecipato con il sindaco e l’assessore ai lavori pubblici Pucci per avviare il piano di demolizione dei vecchi tralicci di alta tensione presenti in zona Ostia e all’interno della pineta di Castel Fusano.

LA PROPOSTA DI ROSY BINDI – L’assessore infatti si è dichiarato favorevole alla proposta della presidente della Commissione interparlamentare anti Mafia, Rosy Bindi che, dopo “Mafia Capitale” e numerose audizioni, era giunta a una conclusione che aveva suscitato un vespaio di polemiche perché avrebbe indebolito la già precaria condizione del sindaco. «Serve una terza via – aveva dichiarato la Bindi – tra scioglimento e non scioglimento, una sorta di tutoraggio e di assistenza dello Stato all’ente locale senza che questo debba essere sciolto e commissariato. Serve una fase di accompagnamento temporaneo – aveva spiegato – per il ripristino dell’amministrazione e della legalità che non privi un Comune della guida politica ma lo rafforzi».

LA POSIZIONE DI SABELLA – Dello stesso avviso è anche Sabella per il quale il Parlamento «dovrebbe pensare di assumere il compito di creare uno strumento differente sui commissariamenti dei Comuni» perché «lo strumento attuale per Roma non è sufficiente». Probabilmente, ha proseguito, «sciogliere il Comune di Roma per mafia violerebbe la volontà popolare, dopo l’introduzione dell’elezione diretta del sindaco, e quindi bisogna fare una riflessione sulla legge. Credo che l’onorevole Rosy Bindi abbia perfettamente ragione: la legge va rimodulata anche per Città metropolitane come Roma». Poi spiega che l’articolo 5 del testo unico degli enti locali «è sufficiente alla sostituzione di dirigenti e funzionari che risultino compromessi con organizzazioni di tipo mafioso ma per Roma non è sufficiente. Quindi la norma esistente aiuterà, ma forse non è quello che era veramente necessario». Resta il fatto che qualsiasi forma di tutoraggio limiterebbe i poteri del sindaco ed è ben difficile che il tenace Marino possa accettare una tale deminutio capitis. Semmai non va esclusa l’ipotesi che in futuro il commissariamento della Capitale possa intervenire più per default che per infiltrazioni mafiose.

 

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