Residence Roma, dai Caat ai Saat non cambia quasi niente

Il comune di Roma dà vita al nuovo bando ma lascia il sistema ai privati

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Comune di Roma, emergenza abitativa: residence nel caos

Questa testata sin dal 2010 ha seguito scrupolosamente la vicenda dei cosiddetti residence, quei cen­tri per l’assistenza allog­gia­tiva tem­po­ra­nea (Caat) che oltre ad essere luoghi di palese emarginazione hanno rappresentato uno dei più scandalosi esempi di speculazione, emersi solo in parte nel corso delle indagini per Mafia capitale. Isti­tuiti dalla prima giunta Vel­troni dove­vano essere la sistemazione tem­po­ra­nea in attesa della casa popo­lare per sfrattati, emarginati e senza tetto più in generale.

Con un articolo pubblicato oggi sul Manifesto il collega Alessandro Barile dimostra come la politica degli annunci, ormai di moda per una politica inconcludente, faccia velo alla sostanza delle cose. Infatti non va dimenticato che sin dalla sua campagna elettorale il sin­daco Igna­zio Marino aveva fatto dell’emergenza alloggiava uno dei punti qua­li­ficanti del suo programma. Ancora pochi mesi fa il sindaco prometteva di risolvere il problema con un bonus di circa 700 euro alle famiglie attualmente residenti nei Caat perché provvedessero per conto proprio a trovarsi un alloggio a prezzi calmierati.

A questa soluzione aveva lavorato l’ex assessore Daniele Ozzimo, poi arrestato per la sua presunta connivenza con Buzzi. La proposta venne ripresa dall’attuale assessore Francesca Danese che successivamente cambiò idea abbandonando l’ipotesi del bonus casa e lanciando, qualche settimana fa, un bando di gara per nuovi residence che dal dal 2016 non potranno supe­rare i 60 appar­ta­menti. «Una ben misera “svolta” – scrive Barile – visto che ad oggi i resi­dence che supe­rano tale cifra sono pochissimi». Peraltro il bando non chiarisce a chi verranno affidati i servizi di portineria, pulizie ed altro che sino ad oggi venivano affidati  dai costruttori a cooperative sociali in alcuni casi coinvolte in Mafia capitale.

«Fino ad oggi – prosegue il giornalista del Manifesto- sia gli immo­bili che i ser­vizi erano appal­tati ai pri­vati. Il bando lan­ciato dal Comune non sem­bra risolvere la que­stione, visto che la gara è aperta a tutti e dun­que la par­te­ci­pa­zione e l’eventuale vit­to­ria dei costrut­tori sem­bre­rebbe essere scon­tata. Altri­menti, il Comune non avrebbe lan­ciato alcun bando e avrebbe avo­cato a sé diret­ta­mente la gestione dei cen­tri, ri-pubblicizzando un ser­vi­zio essen­ziale che nel corso degli anni è stato ester­naliz­zato attra­verso appunto que­sto tipo di bandi».

Inoltre, una attenta lettura del bando dimostra che questo non rappresenta nulla di più che il modello sino ad oggi adottato dalle successive amministrazioni con la sola differenza che non si chiameranno più Caat ma Saat. Inoltre il fatto che i Saat «siano “dislo­cati dif­fu­sa­mente sul ter­ri­to­rio” è anch’essa un’ovvietà, visto che già ora e da sempre i resi­dence sono pre­senti tra­sver­sal­mente in tutto il ter­ri­to­rio comu­nale, senza per que­sto aver avvan­tag­giato dina­mi­che d’integrazione sociale.»

Una operazione di facciata quindi che «non affronta alla radice il pro­blema abi­ta­tivo romano, cioè la penuria di alloggi popo­lari in un mer­cato degli affitti con­trol­lato dai costrut­tori e schiz­zato verso l’alto dall’abolizione dell’equo canone». Secondo le sue stime il Comune, dovrebbe risparmiare 13 milioni di euro all’anno,«ma que­sto – prosegue l’articolista-  è dato uni­ca­mente dalla ridu­zione degli alloggi dispo­ni­bili, non da una loro razio­na­lizzazione in fun­zione dell’autonomia eco­no­mica dei cit­ta­dini in dif­fi­coltà.»

Il bando, che scade il 31 dicem­bre 2017, prevede che entro que­sta data o i resi­denti assi­stiti avranno tro­vato la pro­pria indi­pen­denza eco­no­mica o per loro finirà ogni pos­si­bile assistenza». Siccome è piuttosto improbabile che gli sfrattati per morosità, i tossici in recupero, gli ex carcerati ed emarginati di ogni tipo trovino la necessaria indipendenza economica entro quella data e con il rischio che nei prossimi due anni il numero degli assistiti aumenti, si comprende come ancora una volta i proprietari degli alloggi disponibili continuino a fare il loro mestiere affittando loculi da 40 metri quadri anche a 2000 euro al mese, servizi compresi. Mentre gli immobili sfitti dei privati o affittati a prezzi irrisori dal Comune e le strutture abbandonate ma rigenerabili testimoniano l’incapacità pianificatoria del Campidoglio per una concreta politica di edilizia popolare.

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