Atac, quando Esposito scoprì il “consociativismo” interno

La storia dell'alternanza dei vertici dal 2008 ad oggi

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Si era insediato da pochi giorni al posto di Guido Improta e già il 3 agosto Stefano Esposito, neo assessore alla mobilità  della giunta Marino, si inalbera per gli “esuberi”, o meglio le ricollocazioni da mansioni di ufficio ad altre «di strada», scese da 323 a 98 e senza toccare le assunzioni della “parentopoli” di alemanniana memoria. La questione era stata sollevata dal Corriere della Sera e allora, ed Esposito che è uomo d’azione e attento agli umori dei media chiama subito a rapporto il direttore generale di Atac, Francesco Micheli per chiedere spiegazioni. Vuole vedere gli accordi sindacali e ricostruire come era nato il  «salvataggio» per questa o quella categoria (sindacalisti, neo assunti, «quadri» messi in macrostruttura) e per capire se c’erano  gli estremi per annullare o  rivedere tutta la procedura. Così nel «mirino» finisce il dirigente dl personale da 200 mila euro l’anno, perché secondo Esposito «certe operazioni non si fanno senza l’avallo di chi gestisce il personale».

E scopre che «il consociativismo esiste all’Atac, già da diverso tempo» perché certe pratiche sono bipartisan. Una scoperta dell’acqua calda che questa testata denunciava già nel 2009. Quindi è opportuno ricordare al neo assessore la cronistoria di Atac dal 2008 ad oggi. Appena nominato, Alemanno insedia ai vertici di via Prenestina l’accondiscendente Adalberto Bertucci che travolto dalla vicenda di parentopoli nell’ottobre del 2010 lascia il posto a Maurizio Basile, in precedenza capo di gabinetto del sindaco. Basile si appresta a varare un piano industriale (di cui demmo notizia) che non vedrà mai la luce perché nel settembre 2011 gli subentra Carlo Tosti e alla direzione generale Antonio Cassano che verrà successivamente rimosso per vicende finanziarie ancora tutte da chiarire. Operazione che fu frutto di un evidente accordo bipartisan fra il Pd, allora rappresentato dal capogruppo Umberto Marroni (molto vicino a Cassano) e il sindaco.

E ovviamente avvallata dalla “trimurti” sindacale (Cgil, Cisl e Uil) allora potentissima, ma insidiata da un pulviscolo di altre sigle sindacali. La puzza di consociativismo denunciata dalla stampa fa esplodere una polemica (più o meno finta) nel Pd romano. Tanto che l’allora segretario segretario cittadino di quel partito, oggi deputato, Marco Miccoli, sale sulle barricate perché gli uomini del suo partito lasciano tutte le poltrone occupate nei consigli di amministrazione delle municipalizzate. Parentopoli bruciava ancora e Alemanno era alla frutta, quindi bisognava fare un pò di ammuina prima che prevalessero ‘superiori interessi dell’azienda’. Ma nemmeno Tosti dura e Alemanno lo sostituisce nel settembre del 2012 (sempre fatidico il mese di settembre) con Roberto Diacetti preso “paro paro” dai vertici i di Risorse per Roma e approdato in questi giorni alla presidenza di Eur spa al posto di Borghini.

Perché nessuno della nomenclatura romana, destro o sinistro che sia, resta mai a lungo disoccupato. Finalmente arriva Marino con la sua proclamata rivoluzione epocale e il suo assessore Improta individua nel settembre 2013 in Danilo Broggi, uomo di finanza, il manager adatto a guidare la scassatissima azienda di Tpl. Ma siccome Broggi non aveva intenzione di lasciarci le penne in Atac nel maggio 2015 gli affianca come direttore generale Micheli, anche lui uomo di finanza, che avrebbe dovuto prendere il posto di Broggi sul piede di partenza. Insomma, Broggi resiste un pò di più degli altri sino a quando Marino liquida malamente, lui e in Improta, nel luglio di quest’anno.

Non diamo contezza dei cambi di direttori generali ed assessori nell’arco di questi sette anni per non tediare il lettore, ma se Esposito avrà la ventura di leggere questo riassuntino comprenderà che il consociativismo e la politica sono anima e carne viva di Atac con i suoi 11mila e passa dipendenti. Una macchina complessa, stratificata, improduttiva e sull’orlo della bancarotta che ha bisogno di un intervento societario dall’esterno che levi la governance dalle mani dei politici, compresi gli assessori dell’ultima ora.

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