Mafia capitale, quel libro di Ignazio che fa tremare i palazzi romani

Nel suo soggiorno americano il sindaco di Roma avrebbe messo nero su bianco le sue recenti esperienze politiche

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comune di roma ignazio marino

Due spettri aleggiano sulla nomenclatura politica romana, almeno di ciò che ne resta dopo arresti, indagati e sospettati per il ‘Mondo di mezzo’ che nella Capitale avrebbe fatto ‘sistema’. Il primo è che la Procura completi l’opera con una terza ondata di arresti e perquisizioni, come d’uso alle prime luci dell’alba nelle case dei malcapitati, a seguito della improvvisa volontà collaborativa di chi nella rete è già caduto come Buzzi che ne ha dette di tutti i colori su tutti. Convalidando di fatto la sua centralità nel ‘sistema’ corruttivo della Capitale, di cui peraltro si sente vittima, e tenendo nell’ombra il ruolo del (viceversa) silenzioso Carminati che si appresta ad affrontare il “processone” del 5 novembre. In fondo tutto ruota su quel 416 bis di associazione mafiosa che la difesa degli imputati è ben intenzionata a smantellare nel corso del processo.

Resta il fatto che anche una terza tranche di arresti, pur limitata alla corruzione, lascerebbe inenarrabili macerie cui nemmeno la tardiva manifestazione di domani contro le mafie al Tuscolano potrebbe porre rimedio. La chiamata all’appello unitario da parte di un Pd ‘cattivo e pericoloso’ che la relazione Barca ha fotografato senza peraltro comportare grandi conseguenze sugli assetti di un partito già stremato, non basterebbe a placare una opinione pubblica disincantata al limite del cinismo. Il sindaco con alcuni suoi solerti assessori, secondo le logiche del “cupio dissolvi”, ritiene che ne ricaverebbe vantaggi di immagine e prestigio ergendosi a combattente contro l’illegalità più o meno mafiosa della quale si è accorto solo quando sono avvenute le prime decine di arresti a dicembre.

Lui si sgola a ricordare le sue reiterate visite al procuratore Pignatone per portargli dossier su su dossier che potrebbero anche aver contribuito sull’indagine di mafia capitale. Tanto che qualcuno insinua che anziché portare dossier, Ignazio avrebbe dovuto governare e cominciare a tagliare il marcio nei suoi apparati. Ma Ignazio si sente già nella storia e incontra il suo omologo di New York De Blasio addirittura per discutere di ‘cambiamenti climatici’ , mentre un’altra ondata d’arresti potrebbe anche farlo uscire dalla cronaca dopo il condono accordatogli dal governo che non ha voluto commissariare il Comune. L’altro aspetto che agita i sonni di molti è il libro che Ignazio sta scrivendo sulla sua pur breve e discussa esperienza.

Un pamphlet (libro sembra un pò troppo) fondato sui minuziosi appunti presi durante colloqui, incontri ed eventi ecc., che lui con meticolosità scientifica raccoglieva di volta in volta su numerosi quaderni (tanto per pararsi le terga, non si sa mai…). Il suo giudizio sul Pd dei Coratti (ex presidente dell’assemblea capitolina agli arresti) e compagni l’ha già espresso sprezzantemente a suo tempo dimenticando che è stato quel partito a farlo eleggere, cosa che gli elettori non dimenticano certo. Ma potrebbe esserci molto di più, si dice anche su  poteri forti non meglio precisati.  Un libro, già in bozza, come una specie di spada di Damocle sia pur senza conseguenze penali, che pesa sulle molte teste che lui sceglierà con convenienza e precisione chirurgica.

Tuttavia nonostante l’astuzia di chi si sente ferocemente attaccato, Marino non calcola i rischi. Il primo è quello di indebolire il commissario del Pd Orfini che lo difende a spada tratta anche nei confronti del presidente del consiglio, sperando che i prossimi 3 anni la situazione si ribalti elettoralmente. L’altro rischio per il sindaco è che di fronte ad altre rivelazioni eclatanti più gli eventuali ulteriori arresti,  dovrebbe quantomeno dimettersi lasciando tutti i suoi supporters, accoliti ecc. in un mare di….guai. Se poi decidesse che lui è inamovibile come roccia nella palude, potrebbe intervenire il prefetto Gabrielli il quale si affanna a ribadire di non aver appannato il ruolo del sindaco, ma ha fatto capire che il Testo unico sugli enti locali gli attribuisce comunque il potere di sciogliere il Consiglio e commissariare Roma. Se sugli arresti futuri tutto è nelle mani degli “dei”, il libro-denuncia è invece nelle mani di Marino che difficilmente lo terrà nel cassetto, soprattutto dopo averne fatto trapelare la laboriosa stesura.

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