Bagno di folla in piazza dell’Alberone per il taglio del nastro ufficiale del nuovo leccio, scrissero enfaticamente i giornaloni, quando Ignazio Marino con la sua omologa assessora Estella inaugurarono il surrogato dello storico albero abbattuto dal temporale del 7 novembre 2014.
L’ANNUNCIO – Allora il sindaco ne sparò un’altra delle sue e disse: «Furio Camillo ha avuto poteri dittatoriali, poteri a cui non ambisco, ma proporrò alla giunta di chiamare stazione (della metro) Alberone oppure di aggiungere la parola Alberone». Promessa ovviamente disattesa.
MORTO – Oggi il leccio (simbolo del quartiere) è già bell’e che morto senza, come segnala una lettrice al Messaggero, vi sia mai stato un intervento di giardinieri o agronomi che curassero lo stato di salute dell’albero. Ma il problema è più serio perché dopo gli allagamenti di venerdì scorso sempre Estella ha spiegato che la manutenzione del verde capitolino ed in particolare delle piante era affidata alle cooperative del famigerato Buzzi, e pertanto si erano dovute indire nuove gare perché il servizio giardini del Comune, con i suoi 180 dipendenti non era in grado di coprire il servizio.
L’ATTESA – Quindi in attesa dei nuovi bandi auguratevi che non scoppino più temporali e semmai adottate dei mezzi anfibi. La questione del sevizio giardini è antica, tanto che questa testata la segnalò già nel 2011 denunciando non solo l’esiguità dell’organico, ma la inefficiente organizzazione del lavoro del servizio delegata ‘per forza di cose’ ai dipendenti delle coop di Buzzi.
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