Comune di Roma, l’assessore Esposito un torinese a Roma senza peli sulla lingua

Forte del seggio che ha mantenuto in Senato aspira ad essere riconfermato nel 2018 in un collegio del Lazio. Nel frattempo medita di sostituire i vertici Atac con altri torinesi

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Twittatore compulsivo, affamato di visibilità mediatica, acerrimo nemico dei no Tav che lo hanno minacciato, decisionista al limite dell’arroganza, torinese anche se dal cognome palesemente partenopeo, idolatra del ‘ghe pensi mi’ di Berlusconiana memoria, Stefano Esposito sbarca al Senato da Moncalieri occupandosi anche di trasporti quale vice presidente della omonima Commissione. Incurante dell’eleganza, sfoggia improbabili magliette e cravatte a rigoni per avere un’aria pop e si vanta di essere stato un accanito, quanto turpiloquente, ultrà della Juve. Politicamente uomo per tutte le stagioni del Pd, Veltroniano, Bersaniano poi, Renziano, oggi convinto Orfiniano, viene scelto proprio dal barbuto e pelatino ex discepolo di D’Alema (che oggi rinnega) Matteo Orfini per commissariare quel partito in una delle zone più calde della capitale, Ostia.

CONFUSIONE – Per un certo periodo confonde il suo ruolo con quello istituzionale dell’assessore alla legalità Alfonso Sabella che quel municipio commissaria davvero, sino a quando viene sciolto dal prefetto Gabrielli mentre in sindaco Marino si prendeva una lunga e meritata vacanza negli adorati States. A luglio il sindaco ‘rimpasta’ la Giunta e lo nomina assessore alla mobilità dopo aver fatto fuori senza tanti complimenti Guida Improta che ormai con il sindaco non andava proprio d’accordo. Un altro torinese a Roma, dopo il segretario del sindaco Tricarico di cui Esposito è stato portaborse quando quello era assessore a Torino con il sindaco (poi banchiere) Chiamparino.

IL SODALIZIO – Un sodalizio di vecchia data quello con Tricarico che comincia a scricchiolare proprio per l’invadenza decisionista del neoassessore che in verità irrita un po’ tutti. Ma lui, Esposito, uomo dal ‘tireremo dritto’ un po’ come Renzi, se ne frega. Ma andiamo per ordine. Appena pochi giorni fa boccia il Grab (Grande Raccordo Anulare delle Bici) e incurante della coltellata inferta al suo sindaco che della bici ha fatto un bandiera e afferma «non mi interessa ‘vendermi’ la realizzazione di un Grab fatto con due strisce per terra.Voglio che i ciclisti possano pedalare in sicurezza e non mi importa di quello che dicono le associazioni» aggiungendo con innegabile senso della realtà «evidentemente ho sbagliato a incontrare queste associazioni, che tra l’altro spesso non rappresentano nessuno e con le quali non parlerò più».

IL MEGLIO – Ma dove dà il meglio di se stesso è quando fotografa la situazione del trasporto pubblico:
« Atac simbolo del sistema clientelare romano»; «ci sono più probabilità che si vinca al superenalotto che un controllore salga su un autobus»; «riporterò i bigliettai a bordo per risolvere insieme due problemi: l’evasione e le aggressioni ai controllori» che verranno trovati prendendo «le persone dietro le scrivanie» cominciando «dagli assunti senza concorso di Parentopoli»; «il 64? Non so che autobus è, non so dove va». Sul numero dei taxi a Roma «non ne ho idea. Per il momento i tassisti non sono incazzati con l’assessore. Ma non so quanti sono. So solo che ce ne vorrebbero di più, sono newyorkese (anche lui! ndr). Ne vorrei tanti in più».
Opinioni diffuse anche nei bar della periferia, tanto ovvie da non comprendere come qualcuno non ci abbia mai pensato prima di lui. Ignaro della cosiddetta ‘complessità’, tranchant nei sabaudi giudizi, Esposito sta preoccupando seriamente il neo dg di Atac Francesco Micheli che l’assessore vorrebbe sostituire con un esimio professore alla mobilità del Politecnico di Torino (ça va sans dire) accompagnato da tanti sabaudi ingegneri che sostituiscano gli inetti dirigenti del Tpl romano. Le malelingue insinuano che tanta sicumera gli sia garantita da quella poltroncina in Senato che lui si è ben guardato di abbandonare per lo scranno capitolino. Per di più aspirando ad un seggio sicuro per il 2018 in qualche collegio di Roma e del Lazio lasciando le brumose colline di Moncalieri per i ridenti colli albani. Sempre che il sindaco resti in sella sino a quella data.

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