Scontro tra l’assessore Esposito e il dg di Atac Micheli

Il direttore generale: «Se l'assessore continua così me ne vado»

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Dopo un agosto torrido nel corso del quale l’assessore Stefano Esposito, pur frequentando raramente le riunioni di giunta, si era esibito in una esplosione pirotecnica su tutto lo scibile urbano (LEGGI), pareva giunto il momento che egli si applicasse seriamente all’incarico al quale era stato destinato dal commissario del Pd romano Matteo Orfini, in qualità di assessore alla mobilità del Comune di Roma.

LA QUESTIONE STADIO – Entrato pienamente nella parte, negli ultimi tempi andava tuttavia a toccare un tabù della tifoseria capitolina, il mitico progetto del nuovo stadio della Roma a Tor di Valle. Opera che, nella logica Sabauda di Esposito, essendo lui di Moncalieri, non rientrerebbe nelle priorità di questa Capitale. Tanto più che Atac non è in grado di portarci il prolungamento della metro B e non è detto che la Regione abbia i sodi per potenziare la disastrata Roma/Lido. Affermazioni che hanno scatenato l’ira di dio sui social networks, ma che lasciano indifferente Esposito che  con le sue idee sta cambiando Roma. Purtroppo non pare che il sindaco abbia gradito queste esternazioni, in primis per non inimicarsi la tifoseria e poi per non deludere Pallotta che in America è una potenza e Ignazio si taglierebbe un braccio pur di non fare brutta figura negli States. Insomma, non è che Esposito sposterà più di tanto la fissa del sindaco, piuttosto preoccupa la sua intenzione di trattare le questioni di Atac un pò come se fossero roba sua. Appena dopo due mesi dalla sua nomina.

IL NODO ATAC – Nonostante la toppa dei 700 autobus nuovi che non verranno mai perché non c’è uno straccio di banca disposta a garantirne il leasing per l’acquisto e soprattutto, secondo Esposito, perché il bando era stato fatto male. Incapaci! Certo quando il bando fu indetto lui era solo il commissario del Pd a Ostia e faceva tanta fatica, sgomitando con l’assessore alla legalità Alfonso Sabella per avere la meritata visibilità mediatica. Ma se lo avessero consultato lui avrebbe potuto mettere sul piatto il suo incarico di vice presidente della commissione trasporti al Senato, che gli attribuisce un’aura di competenza in materia. Insomma, Esposito contrariamente a Guido Improta, che pure ai trasporti era stato sottosegretario al Governo Monti, di mobilità se ne intende davvero. E ringalluzzito della sua personale e recente vittoria contro i No Tav, con la sentenza di condanna chiesta per Erri De Luca, pare che in Atac cominci a dettar legge. Si dà il caso che in Atac ci sia ancora un amministratore delegato, Danilo Broggi, ma soprattutto un direttore generale di fresca nomina, Francesco Micheli. Il quale provenendo dal mondo bancario non ha certo bisogno di quello stipendio per campare. Si dà anche il caso che Atac non sia un talk show dove Esposito eccelle, e soprattutto Micheli non sia un uomo di paglia. Più che mai determinato a porre la questione al sindaco itinerante al suo ritorno dagli States. Se il senatore continua così me ne vado, avrebbe fatto sapere. Che poi Esposito, unto da Orfini e saldamente aggrappato al suo scranno senatoriale, si “scanti” (come si dice in siciliano) è tutto da vedere. E allora? E allora se la situazione dovesse degenerare sarebbe probabile un altro cambio al vertice Atac. Il settimo, se non andiamo errati, in sette anni. Ma Ignazio non se lo può permettere anche se, sino ad ora, non è riuscito a porre un freno alle esternazioni dell’estroverso Esposito.

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