Era il novembre del 2008 quando Alemanno, con grandi squilli di trombe, annunciò la revoca del maxi-appalto per la manutenzione di 800 chilometri di strade urbane che la giunta Veltroni aveva affidato a Romeo Gestioni il cui patron Romeo era a quo tempo incorso in alcune vicende giudiziarie a Napoli. Con una memoria dell’Avvocatura e dall’allora assessore ai Lavori pubblici Fabrizio Ghera fu dato mandato agli uffici competenti «di non dare ulteriore seguito al rapporto con la Romeo spa e di avviare la procedura di revoca del bando di gara».
Perché «dalle relazioni del responsabile del procedimento, dai rendiconti trimestrali del monitoraggio nonchè da doglianze dei municipi e segnalazioni dei cittadini, sono emerse notevoli problematicità». Da quel momento in poi, come scrivemmo l’anno successivo, fu un diluvio di affidamenti diretti e senza gara per motivi di ‘somma urgenza’ . Tre anni dopo il manto stradale era «ancor più aggravato da crepe, buche e avvallamenti» come osservava Fabrizio Santori, presidente della Commissione sicurezza di Roma Capitale. Affermazione che rappresentava plasticamente un fallimento, tanto che secondo Santori era «quanto mai improcrastinabile avviare il piano di manutenzione stradale messo in campo dal Campidoglio per garantire interventi di ripavimentazione delle strade e per il risanamento della viabilità, oggi caratterizzata da buche sempre più pericolose che attentano alla sicurezza di automobilisti e centauri.»
Un allarme che si levava da un esponente della maggioranza. Ma questo piano esisteva veramente? In onore alla trasparenza e in polemica con il suo predecessore Veltroni, Alemanno aveva deciso di smembrare la manutenzione stradale in otto appalti. Il 20 maggio del 2009 poteva così proclamare che questo modello «soddisfa due esigenze: un ampio coinvolgimento della piccola e media impresa romana perchè il patrimonio stradale è diviso in otto lotti e non c’è nessun maxiappalto e la garanzia dell’unitarietà del servizio».
Insomma, una vera e propria svolta contrassegnata tuttavia da una anomalia. Infatti le otto società appaltatrici avevano sottoscritto polizze fideiussorie per garantire la buona esecuzione dei lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione, ma le avevano sottoscritte (e qui sta l’anomalia) con la società di assicurazioni del Comune stesso, l’AdiR. Che è un po’ come se il Campidoglio assicurasse se stesso per lavori di terzi. Sin qui poco male, in fondo non ci fu alcuna indagine e tantomeno andarono in galera 7 funzionari fra cui un dirigente come è avvenuto ieri.
Ma già nel febbraio del 2010 il consigliere Massimiliano Valeriani denunciava lavori di ‘somma urgenza’ per decine di milioni su importi inferiori ai 500mila euro, rilevando che la trattativa diretta da prassi eccezionale si era trasformata nella regola, suscitando giustificati sospetti. E’ in questo contesto che si sviluppa da allora e prosegue con l’amministrazione Marino, il sistema delle mazzette ai funzionari del Comune che secondo alcuni quotidiani prevedeva pure una sorta di tariffario a secondo delle zone dove dovevano venir coperte le buche o avviati il lavori stradali.
Poi come abbiamo scritto dal Convegno Cna Roma apprendiamo che anche i Cantieri del Giubileo sono stati assegnati senza bando grazie ai mini appalti. Insomma se miniappalti, somme urgenze e quant’altro serve a sveltire piccoli lavori che mediamente impiegano oltre un anno a verri completati, ben vengano. Ma il problema sta a monte e precisamente nel controllo di questa fluida materia da parte dell’ente pubblico, se non si vuole continuare a chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati. Infine permetteteci una notazione autocelebrativa. Di queste ‘anomalie’ e tanto altro ancora, Cinque aveva cominciato a scrivere proprio dal 2009 come testimonia il nostro eBook recentemente pubblicato su Amazon “Malgoverno Capitale”, prima di mafia capitale.
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