Banca Etruria, il crack arriva alla Pisana

Il Movimento Cinque Stelle chiede l'impegno del governo Zingaretti per la tutela dei risparmiatori laziali

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Dopo le proteste dei risparmiatori truffati con il decreto salva-banche e il suicidio di Luigino D’Angelo, il pensionato di Civitavecchia che si è tolto la vita dopo aver perso tutto il suo capitale, le fiamme gialle stanno effettuando una perquisizione nella sede di Civitavecchia di Banca Etruria proprio a seguito dell’inchiesta sul suicidio del pensionato. Nel frattempo il gruppo consiliare M5S coordinato con i colleghi delle Marche dove sono state salvate Banca Marche e Carichieti, vuole portare alla Pisana la questione della crisi bancaria per gli effetti nel nostro territorio regionale.

In una nota, la consigliera regionale del Movimento Silvana De Nicolò impegna il presidente Zingaretti «ad adoperarsi in tutte le sedi per tutelare obbligazionisti subordinati e azionisti laziali, consentendo loro di rientrare almeno parzialmente dalle perdite e di impugnare alla corte costituzionale il DL 180 del 2015 che ha istituito un quadro di risanamento e risoluzione delle problematiche degli enti creditizi che serve solo a salvare le banche e gli speculatori, lasciando i piccoli risparmiatori con il cerino in mano.»  Su questo tema, prosegue la Denicolò tutto il Consiglio dovrebbe fare squadra «magari facendosi promotore di una class action regionale, fornendo consulenza legale alle migliaia di residenti del Lazio che questo natale lo passeranno a contare le migliaia di euro persi per colpa di un sistema truffaldino».

E si augura che la discussione in Consiglio su questo tema venga calendarizzata al più presto. Intanto l’Huffington post del gruppo Espresso riporta che in Banca Etruria non si badava a spese per stipendi, rimborsi, compensi ai consulenti, prestiti ai clienti a rischio proprio a ridosso del crack che ha coinvolto centinaia di obbligazionisti. Le novità emergerebbero dalle ispezioni di Banca d’Italia.  La Repubblica rivela la  presenza di «una struttura di comando parallela al Cda che teneva le redini della banca. Si chiamava “Commissione consiliare informale” – e ne facevano parte, tra gli altri, il presidente Lorenzo Rosi e il vice presidente Pier Luigi Boschi, padre del ministro delle Riforme – come emerge dalla terza ispezione di Bankitalia, svolta fra novembre 2014 e febbraio 2015».

Il Corriere della Sera rivela anche le spese pazze del management di Banca Etruria e scrive «all’ex presidente Giuseppe Fornasari hanno pagato gli avvocati, nonostante il reato di cui era accusato fosse legato al dissesto dell’istituto. Ai manager che lasciavano l’incarico, hanno assegnato buonuscite da oltre un milione di euro. C’è anche un caso legato al mancato taglio agli stipendi dei manager».

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