Comune di Roma, addio al 2015 tra corruzione e indifferenza

Il caso delle mazzette ai dirigenti delinea scenari che vanno oltre Mafia Capitale

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Ricapitoliamo. I venti di tempesta sulla Capitale d’Italia si avvertirono con i primi arresti per la cosiddetta mafia capitale con gli arresti del dicembre 2014 cui fecero seguito quelli dell’estate successiva. Ma mentre Buzzi e Carminati parvero rappresentare il peggio della corruzione capitolina, si aggiunse la “grande fuga” dei pizzardoni che diede il segno che qualcosa della elefantiaca macchina capitolina non funzionava più.

Poi via via si aggravarono i problemi dei trasporti, del decoro, della pulizia ecc. ecc. Sino al dimissionamento, mal digerito dall’interessato e da parte della sinistra, di Ignazio Marino sempre più polemico nei confronti di Matteo Renzi, “bulimico di potere” come ebbe a definirlo lo stesso ex sindaco. Se Il processo a Buzzi e Carminati, che si preannuncia lungo e complesso, non riempie più pagine e pagine dei quotidiani, qualche settimana fa esplodeva lo scandalo sulla manutenzione stradale.

L’occasione era data dall’arresto di imprenditori e funzionari che avrebbero manipolato gare e appalti a suon di mazzette. A ottobre i carabinieri arrestano per corruzione e turbativa d’asta un funzionario del Comune e due costruttori. Il funzionario venne colto in flagrante mentre intascava 2mila euro dai due imprenditori in cambio di informazioni riservate sulle gare d’appalto per la manutenzione delle strade. Due mesi dopo (il 17 dicembre) gli indagati diventano 30, di cui sette in carcere.

Le accuse sono pesanti perché i costruttori arrestati pagavano tangenti per aggiudicarsi le gare e per di più eseguivano i lavori al risparmio, quindi male. In sostanza sturavano meno tombini di quanto pattuito, imbrogliavano sulla qualità dell’asfalto e altre amenità. Siccome non facciamo parte dei giustizialisti a sensazione della carta stampata, saranno i giudici ad accertare le responsabilità ed eventualmente a punire. Eppure, anche stamane (tanto per restare in tema) apprendiamo dalle gazzette di pressioni di altri costruttori sull’ex assessore Giovanni Caudo per la lottizzazione di Colle della Strega, una cementificazione di 40.000 metri cubi.

Caso del tutto diverso rispetto a chiusini, caditoie e asfalti, perché sulla manutenzione stradale non si trattava di ‘pressioni’ ma di robuste stecche che secondo gli inquirenti ammontavano al 3-4% fisso sul valore d’appalto. Trattandosi di 33 gare del valore di 16 milioni si evince che le mazzette ammontino almeno a 650mila euro spartiti negli anni fra funzionari e dirigenti. Facile dedurre che “Mafia capitale” rappresenti una parte, e forse non la più rilevante, di un sistema corruttivo diffuso e consolidato ben prima dell’arrivo di Ignazio Marino, il quale in verità ne prese coscienza solo dopo gli arresti dello scorso anno.

Ovviamente qualche quotidiano del nord vorrebbe dipingere Roma come la capitale di tutte le corruzioni, mentre l’italica stecca dilaga dal laborioso Veneto alla neghittosa Sicilia, con gli ovvi pesi e differenze. A dimostrazione che le metastasi corruttive (il sistema tout court) non hanno solo il marchio doc del Colosseo. Eppure più che le differenze preoccupano le ‘indifferenze’ dell’opinione pubblica che si commuove per il suicidio del pensionato obbligazionista della Banca Etruria appena ‘salvata’, ma rinuncia a manifestare palesemente il proprio disgusto e la propria protesta per l’amoralità economica dilagante, a meno che non venga direttamente toccata nelle tasche proprie.

Nella Capitale assistiamo così ad una indifferenza impastata da un sordo brontolio inconcludente in una città dove il vivere quotidiano diviene sempre più pesante. Un tempo era la sinistra, (e non solo) a raccogliere la protesta, oggi i partiti spesso coinvolti, galleggiano nel malessere e nel malumore convinti che comunque si andrà a votare e qualcuno dovrà pur vincere. Magari i 5stelle. E in vista di questa scadenza fioccano i convegni, gli incontri, le conferenze, i seminari sulla rinascita dell’Urbe e il suo luminoso futuro che i cosiddetti ‘poteri forti’ (oggi piuttosto deboli) pure vorrebbero.

Come se la classe dirigente capitolina fosse affetta da una grave forma di presbiopia e guardi solo al futuro: alle Olimpiadi del 2024, alla rigenerazione urbana di stampo europeo, alle grandi opere che non partono mai e così via. Con l’esempio di un Giubileo, già deludente sotto il profilo del rilancio economico della città promesso da Matteo Renzi. A questa fuga in avanti fa da pendant una sorta di delega (diserzione?) della politica. Nella convinzione, più o meno accettata, che a vincere la banalità del male corruttivo eretto a sistema bastino i commissari (che ormai fioccano da tutte le parti, in primis l’onnipresente Cantone) e i magistrati.

Comunque in alto i cuori e siccome l’imperativo categorico è non ‘gufare’, ci adeguiamo augurando buon anno a tutti. Allegria!

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