Politici senza qualità per governare Roma

I partiti sempre più in crisi per il dopo Marino. E questo è il personale politico che dovrebbe fare uscire la capitale dalla palude?

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E’ sorprendente, o forse meglio dire, sconfortante, vedere questo primo approccio di campagna elettorale per le comunali di giugno. Come se Roma non fosse ancora impantanata nella sua evidente ed irrimediabile decadenza e non avesse subito, con particolare violenza, il trauma della corruzione diffusa che continua a mietere indagati. Una capitale, la nostra, dove quasi si  fatica a trovare candidati sindaci e quando li si trova non hanno il profilo adatto, o la personalità o anche la competenza per gestire se non rivoluzionare, gli assetti in parte marcescenti di questa città. In tutte le chiacchiere e i nomi emersi in questi mesi da una discussione politica piuttosto scontata e noiosa non emerge un nome di spicco, un Cantone della situazione, tanto per intenderci, che con uno staff adeguato prenda in mano la situazione con l’appoggio, come avvenne in occasioni cruciali per il nostro Paese di tutte le forze politiche.

IL DOPO MARINO – E se la gravità della situazione capitolina non è a questi livelli vuol dire che noi della stampa per primi, ci siamo raccontati balle; vuol dire che non era il caso di commissariale il Comune visto che non è stato fatto per mafia (come poteva anche essere) e che Ignazio Marino se ne poteva stare al suo posto sia pur nella sua evidente inadeguatezza. Prendiamo l’esempio del vice presidente della Camera Roberto Giachetti. Designato da Renzi già dalla Leopolda vanta un passato di battaglie radicali per i diritti, 191 giorni di sciopero contro il porcellum (e neanche un fiato sull’Italicum che è quasi lo stesso), la frequentazione di Rutelli quando era sindaco e poco altro che lo leghi a questa città. Se non il fatto, come ha detto Renzi con la sua consueta superficialità, che Giachetti è di Roma e tifa per la Roma.  Senza nemmeno farci un pensierino, ecco l’estabilishment del Pd (fortemente preocupato per il proprio futuro soprattutto i parlamentari) sdraiarsi sulla scelta illuminata del ‘migliore’. Tutti, da Zingaretti a Bettini (che non si interessa più alle romane cose ma gli preme dirlo) agli eletti nei municipi, offrendo così la dritta a Fassina per dire che Sinistra Italiana in coalizione con i Democratici (con o senza simbolo)  non ci starà e  rendendo vana l’iniziativa del 23 gennaio al Brancaccio dove sarebbe avvenuto il grande abbraccio Si/Pd addirittura per primarie di coalizione. Ma primarie de che? Una volta che Renzi ha deciso,  chi saranno gli sfidanti di Giachetti? L’ex assessore di Rutelli Tocci, tanto gradito a Fassina, si è già sfilato. Morassut già uomo di punta di Bettini non si sa che intenzioni abbia, e comunque rappresenta il passato.

TENSIONE NEL PD – Chi baccaglia forte è l’ex segretario del Pd romano Miccoli che arroccato nel suo  club di Donna Olimpia potrebbe lanciare nella competizione l’ex assessore Masini. Alla fine della fiera qualche nome comunque si troverà per far finta di fare le primarie. Non come agli inizi del 2013 quando fra Sassoli, Gentiloni, e Marchini indeciso se parteciparvi o meno, Bettini tirò fuori il nome vincente del chirurgo. Ma la differenza non è solo questa. Allora esisteva ancora un Pd romano che sarà pure stato pericoloso e cattivo come sentenziava la nefasta relazione del prof Barca, ma i candidati non solo li sosteneva, ma li costruiva, perché era il partito a decidere. Tant’è vero che Marino fra le sue prime mosse adottò quella di prendere le distanze dal partito non perché ne avesse fiutato la cattiveria e la pericolosità , ma perché nel suo ostentato narcisismo pensava di fare tutto lui con i pochi fedeli del suo cerchio magico. Ma oggi cos’è il Pd Romano? I circoli e i militanti che si schierarono con Ignazio quando fu defenestrato? Gli amministratori dei municipi o della Regione? I resti della vecchia guardia dei Marronian/Bersaniani/Manciniani , i vetero Bettiniani, i Renziani della prima e della seconda ora, oppure funziona ancora quel reticolo di clientele nell’amministrazione pubblica e nelle partecipate che ha sempre mosso i voti? Se le cose stanno così, Renzi ha vinto perché lui decide punto e basta con  il consenso, magari non del tutto convinto, del suo profeta e commissario del Pd romano, Matteo Orfini. E allora vada per Giachetti che comunque è una brava persona (e ce mancherebbe pure!).

GLI ALTRI PARTITI – Ma se così vanno le cose a sinistra (nel disinteresse di Renzi che punta sul referendum e non  ai risultati delle amministrative) anche dalle altre sponde non si finisce mai di prendere per i fondelli gli elettori. Ridicoli i 5Stelle e le loro modalità di scelta del candidato on line o sotto una tenda in cortile come avvenuto a Milano. A destra noi abbiamo data per certa la candidatura della Meloni che comunque volente o nolente è espressione del fu neofascismo romano e della sciagurata gestione di Alemanno. Marchini va a corrente alternata fiutando l’aria elettorale che i suoi silenzi non gli rendono particolarmente favorevole. E questo è il personale politico che dovrebbe fare uscire Roma dalla palude e dal malaffare? Questo è il personale politico che dovrebbe gestire l’emergenza romana che fa il giro di tutti i media mondiali? Diciamola chiara allora. Roma non è commissariata dal rigorista dell’Opus Dei Tronca, e nemmeno dal Governo, ma solo da Matteo Renzi. Che se la bicicletta l’ha voluta facendo fuori Marino adesso è ora che pedali su trasporti, municipalizzate, decoro, salario accessorio ecc. ecc. ecc. Che vuol dire legge speciale per Roma e soprattutto mano larga al portafoglio e in fretta.

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